In pensione sempre meno con vecchiaia, si esce prima

Le strade per le pensione anticipate son sempre piu percorse. (gildavenezia.it)

ROMA.  – Chi ha lasciato il lavoro per la pensione nel 2019 è uscito nella maggioranza dei casi prima dei 67 anni utilizzando i vari canali per la pensione anticipata piuttosto che aspettare il limite di età.

Il dato si evince dai monitoraggio Inps sui flussi di pensionamento relativo ai primi nove mesi del 2019 appena pubblicato secondo il quale le pensioni di vecchiaia con decorrenza 2019 sono state appena 63.926 con un calo del 26,3% rispetto allo stesso periodo del 2018, anno comunque che aveva già registrato un calo legato all’adeguamento dell’età degli uomini a quella delle donne a 66,7 anni.

Quest’anno i requisiti per la pensione di vecchiaia sono cresciuti di 5 mesi (a 67 anni) spostando almeno nei primi cinque mesi l’uscita di chi non aveva abbastanza contributi per l’anticipata. Inoltre è stato bloccato a 42 anni e 10 mesi (oltre a tre mesi di finestra mobile) il requisito per la pensione anticipata degli uomini (41 e 10 per le donne) ed è stato introdotta la cosiddetta Quota 100 per andare in pensione con almeno 62 anni di età e 38 di contributi.

Tutto ciò ha fatto si che le pensioni anticipate volassero a quota 148.732, quasi a livello dell’intero 2018 (151.861). Nel fondo pensioni lavoratori dipendenti a fronte di 20.229 uscite per vecchiaia nei primi nove mesi del 2019 ci sono state 95.676 uscite in pensione anticipata.

In pratica quindi per ogni persona uscita a 67 anni ce ne sono state quasi cinque uscite prima. Il dato è meno evidente per l’insieme del lavoro autonomo (31.438 usciti per vecchiaia, 53.056 per anzianità contributiva) mentre la vecchiaia resta la via d’uscita principale per i parasubordinati dato che contribuiscono solo dal 1996.

L’Inps oggi ha diffuso anche i dati sulle prestazioni pensionistiche e i beneficiari nel 2018 dai quali emerge una crescita della spesa pensionistica del 2,23% a 293,34 miliardi.

Si riduce il numero dei pensionati complessivi (-37.000 unità a 16,004 milioni) ma aumenta l’importo dei redditi pensionistici medi che supera la soglia dei 18.000 euro a 18.329 euro annui.

Resta però inferiore a 1.000 euro al mese il reddito da pensione per 5,8 milioni di pensionati (3,7 milioni dei quali donne) pari al 36,3% del totale. Il 7,9% della spesa (pari a 23,3 miliardi) è assorbita dalla fascia che ha redditi da pensione superiori a 5.000 euro al mese (285.000 persone) mentre appena il 2,2% va a coloro che hanno in media meno di 500 euro al mese (1.951.000 persone).

Se si guarda all’insieme delle pensioni esistenti (22.785.711) quasi 17,7 sono Ivs (vecchiaia, invalidità e superstiti) mentre 716.000 sono indennitarie (a seguito di infortunio o malattia professionale) e 4.370.0000 assistenziali.

Al Nord risiede il 48% dei pensionati totali ma viene erogato il 50,9% della spesa per pensioni. Al Centro risiede il 20% dei pensionati e si riceve il 21,2% della spesa mentre nel Mezzogiorno a fronte del 32% dei pensionati complessivi si eroga il 28% della spesa.

Questo dipendente soprattutto dal fatto che nel Nord in media le pensioni si basano su un importo di contributi maggiore grazie a carriere lavorative più lunghe.

(di Alessia Tagliacozzo/ ANSA)

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