Lam ritira legge estradizione, Cina la vuole sostituire

Un manifestante sventola un manifesto contro la governatrice di Hong Kpng, Carrie Lam, le cui dimissioni ha richiesto il Movimiento pro Democrazia. (Open)

PECHINO. – La Cina sta mettendo a punto un piano per rimuovere a marzo 2020 la governatrice di Hong Kong Carrie Lam, con l’obiettivo di non far apparire l’operazione come una resa alle richieste venute dal basso, dalle proteste anche violente che da quasi 5 mesi stanno infiammando l’ex colonia britannica, scoppiate con la legge sull’estradizione verso Pechino. Legge che il governo ha ritirato oggi formalmente

Pechino pensa quindi di procedere a una nomina ad interim, se il presidente Xi Jinping deciderà di farlo, secondo il Financial Times che, indicando la svolta allo studio del governo centrale viste le manifestazioni anti-governative e pro-democrazia, ha riferito quanto appreso da fonti informate.

Nonostante Lam, ormai bersaglio dei dimostranti, abbia ricevuto il sostegno pubblico di Pechino, che ha bollato anche gli attivisti “rivoltosi”.

Il ministero degli Esteri cinese ha definito “rumor politici con motivi reconditi” di altro genere l’opzione”’sostituzione”, ha notato la portavoce Hua Chunying, in conferenza stampa. E ha ribadito che il governo centrale continuerà a supportare gli sforzi di Lam e del suo governo per fermare le violenze e riportare l’ordine nella città quanto prima.

Altro tipo di valutazioni, invece, sono venute dal deputato pro-establishment di Hong Kong Michael Tien che in un’intervista a Bloomberg ha riferito di avere avuto informazioni da Pechino sulle valutazioni in corso sui candidati per la guida dell’ex colonia britannica, a partire dal 2020.

Il piano, ha aggiunto il quotidiano della City, dipende dalla situazione nella città e dal ritorno della calma, in modo che il cambio non appaia una vittoria delle violenze. Lam, contraria a concessioni sulla piattaforma di 5 richieste (tra cui le sue dimissioni e il suffragio universale), ha usato la legislazione d’emergenza in forza della legge coloniale del 1922 per vietare le maschere nelle manifestazioni alimentando un’altra ondata di devastazioni.

Tra i più accreditati alla successione, il Ft ha citato Norman Chan, ex capo della Hong Kong Monetary Authority, ed Henry Tang, che ha servito come segretario alle Finanze.

A inizio settembre, in base a una registrazione audio rubata, la governatrice aveva detto che si sarebbe dimessa se avesse avuto l’occasione, precisando dopo, in merito alla richiesta di chiarimenti, di “non aver mai sottoposto le dimissioni al governo centrale” e di essere fiduciosa di poter guidare Hong Kong fuori dalle turbolenze. Dopo scelte e mosse contestate, è diventata profondamente impopolare, anche nel fronte pro-Pechino.

Il governo ha ritirato oggi in via formale la contestata proposta, causa delle proteste partite a giugno, alla ripresa dei lavori parlamentari. La misura era stata presentata come la mossa per rimediare al vuoto legislativo emerso nel caso dell’omicidio avvenuto nel 2018 a Taiwan di una donna incinta di Hong Kong, Poon Hiu-wing, con l’indiziato Chan Tong-kai, il fidanzato, fermato nell’ex colonia, ma che “non poteva essere estradato in alcuna parte della Repubblica popolare cinese”.

Il provvedimento legislativo era finito nel mirino sui timori che divenisse mezzo per estradare in Cina a fini politici.

L’annuncio del ritiro è avvenuto ore dopo la scarcerazione di Chan, condannato nel frattempo per riciclaggio: si ritiene debba tornare a Taiwan su base volontaria, ma tra Taipei e Hong Kong è in atto un scontro diplomatico “su come sia più appropriato organizzare la sua resa” e su chi abbia la competenza.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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