“L’Occidente sta con i terroristi”, Erdogan va da Putin

Le Forze democratiche siriane hanno lasciato Ras al Ayn. (Sputnik Mundo)

ISTANBUL. – In Siria “tutto l’Occidente si è schierato con i terroristi e ci ha attaccato”, soprattutto “i Paesi della Nato e i Paesi dell’Unione europea”. Mentre si avvicina la scadenza dei cinque giorni di tregua dell’operazione militare, Recep Tayyip Erdogan torna a denunciare l’isolamento della Turchia nella sua offensiva contro le milizie curde e si prepara a tirare le somme sull’intesa con gli Stati Uniti.

“Gran parte delle 120 ore ormai è trascorsa. Domani discuterò di questa situazione con il presidente russo Vladimir Putin e poi intraprenderemo i passi necessari”, ha spiegato il presidente turco.

Ieri le Forze democratiche siriane hanno lasciato Ras al Ayn, la città di frontiera sotto l’assedio più duro. Ma Ankara vuole che “tutti i terroristi” si ritirino entro domani sera di almeno 30 km verso sud, oltre la fascia di frontiera lunga 120 km tra Tal Abyad e Ras Al Ayn, altrimenti “l’operazione riprenderà”.

Un’estensione della tregua, assicura, non è in discussione. “Non ci siamo mai accordati per proteggere i curdi per il resto della loro vita. Il cessate il fuoco sta tenendo”, ha commentato Donald Trump, ribadendo che se la Turchia continua a “comportarsi male” gli Stati Uniti possono imporre sanzioni e dazi.

Sarà decisiva la giornata di domani, con Erdogan che prima volerà a Sochi per incontrare Putin e poi tornerà in patria per decidere in serata – la scadenza dell’ultimatum è fissata alle 22 locali (le 21 in Italia) – le sorti dell’offensiva. Sul tavolo delle trattative ci sarà anche il ritiro delle milizie Ypg dal resto delle zone a est e ovest dell’Eufrate, tra cui Kobane e Manbij, passate sotto il controllo di Mosca e Damasco su richiesta degli stessi curdi dopo l’abbandono degli Usa.

La Russia, ha spiegato il suo ministro degli Esteri Serghiei Lavrov, punta a “incorporare solidamente ogni struttura curda presente nel territorio siriano nella sfera legale siriana e nella Costituzione siriana in modo che non rimangano unità armate illegali in Siria e che la sicurezza della Turchia e di altri Stati non sia messa in pericolo”. E anche se domani non sono previsti colloqui con esponenti del regime di Bashar al Assad, sottolinea la necessità di “stabilire un dialogo tra la Turchia e la Repubblica araba siriana” e si dice pronta a mediare.

Sulla tregua agli sgoccioli continuano intanto gli scambi di accuse. La Difesa turca, che torna a negare l’uso di armi chimiche, denuncia 36 episodi di violazioni, mentre i curdi parlano di nuovi abusi delle milizie siriane filo-Ankara. In queste ore si sta concludendo anche il ritiro verso l’Iraq della maggior parte dei soldati americani nel nord della Siria.

Il passaggio dei loro blindati è stato accolto da insulti e più volte bersagliato dal lancio di sassi, ortaggi e frutta marcia da parte delle popolazioni curde, che denunciano di essere state abbandonate all’offensiva turca. Ma Trump potrebbe decidere una nuova retromarcia. Secondo il New York Times, gli Usa stanno valutando di mantenere nel Paese un contingente di circa 200 soldati a guardia dei pozzi petroliferi.

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