Netanyahu getta la spugna, per il governo tocca a Gantz

L' expremier di Israele Benyamin Netanyahu (sinistra) con il presidente Reuven Rivlin (destra). (Radio AJI)

TEL AVIV. – Compleanno amaro per Benyamin Netanyahu: nel giorno del suo 70esimo anniversario, il premier israeliano ha annunciato di aver rimesso il mandato di formare il nuovo governo nelle mani del presidente Reuven Rivlin. É la seconda volta in sei mesi che gli accade: la prima dopo le elezioni dello scorso aprile, la seconda dopo quelle di settembre passato.

Uno smacco – per il premier più longevo premier nella storia di Israele, compreso il padre della patria Ben Gurion – reso ancora più duro dall’annuncio che Rivlin intende affidare l’incarico, il più presto possibile, proprio a Benny Gantz, leader del partito centrista Blu-Bianco, suo acerrimo avversario nelle due ultime competizioni elettorali.

Al termine della festa religiosa di Simchat Torah, Netanyahu ha affidato ad un video postato su Facebook l’annuncio che avrebbe rinunciato al suo obiettivo. Con due giorni di anticipo sui 28 previsti dalla legge, in scadenza mercoledì sera.

Nel messaggio Netanyahu ha sottolineato “di aver lavorato senza sosta da quando ha ricevuto il mandato per formare un largo governo di unità nazionale. Questo è quello che il popolo vuole”. Ma, ha aggiunto attaccando il suo rivale, gli sforzi per “portare Benny Gantz al tavolo negoziale e prevenire un’altra elezione” sono falliti visto che il suo partito Blu-Bianco “ha sempre rifiutato”.

La mossa, che apre nuovi scenari nella politica israeliana, era tuttavia nell’aria da tempo e non è certo un fulmine a ciel sereno. La certezza si è avuta lo scorso 17 ottobre, quando Gantz ha respinto l’ultima avance di Netanyahu, in affanno anche per la possibile incriminazione per la quale è imminente la decisione dell’Avvocato generale Avichai Mandelblit.

La proposta – senza specificare se vi fosse un’alternanza con Gantz nella premiership – era l’ingresso di Blu-Bianco in “un largo governo di unità nazionale” con il Likud e i partiti religiosi su una piattaforma politica condivisa.

Con tre punti, a giudizio del premier, qualificanti: le crescenti sfide di sicurezza, lo status quo intatto per un anno sullo spinoso tema del rapporto  stato-religione e la richiesta di “una posizione unica” sul Piano di pace del presidente Trump e sull’annessione della Valle del Giordano.

La risposta di Gantz è stata secca e immediata: mai con Netanyahu. Il fronte anti premier di Gantz è stato rafforzato dal caparbio rifiuto, per ben due volte, di Avigdor Lieberman, leader nazionalista di destra ma laico, di appoggiare in qualsiasi forma Netanyahu.

Rivlin ha detto che affiderà al più presto, entro 72 ore, l’incarico a Gantz, che è leader del partito che ha avuto più seggi (33) nel voto di settembre. Ma questo non lo mette al riparo da una strada anche per lui in salita, visti i numeri scarsi per una possibile coalizione.

Blu-Bianco si è comunque detto determinato “a formare un governo liberale di unità nazionale” e a voltare pagina. Una delle possibilità ventilate – che Netanyahu ha denunciato con forza – è quella di un governo di minoranza composto da Blu-Bianco, dai laburisti e da ‘Campo democratico’ (in tutto 44 seggi), appoggiato dall’esterno dai voti di Lieberman e dalla Lista Araba Unita.

Un obiettivo, secondo molti analisti, complesso. Se fallisse anche Gantz, Rivlin potrebbe affidare l’incarico ad uno dei deputati della Knesset in grado di mettere insieme 61 seggi. In caso contrario, e non è l’ipotesi più improbabile, si tornerebbe al voto: per la terza volta in meno di un anno.

(di Massimo Lomonaco/ANSAmed)

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