Mille giorni di Trump, nervi tesi alla Casa Bianca

Il Golf Club di Trump a Doral, Miami, che ospiterá il G7. (travel.usnews.com)

WASHINGTON. – Mille giorni di Casa Bianca, e la Casa Bianca non è più la stessa. I primi mille giorni di un presidente che sta stravolgendo regole e convenzioni come mai era accaduto prima nella storia degli Usa. Con Donald Trump che si appresta a diventare il terzo Commander in Chief ad essere messo in stato di accusa.

Ormai ne sono sempre più convinti anche i suoi alleati: “Preparatevi al processo”, ha detto sconsolato il leader della maggioranza in Senato, Mitch McConnell, durante un briefing con tutti i senatori repubblicani, istruiti su quello che potrà accadere entro fine novembre. Con la Camera che dovrebbe votare l’impeachment non oltre il 28 novembre, Festa del Ringraziamento.

Intanto il tycoon continua a sbalordire con le sue decisioni poco ortodosse, così come quella dell’ultim’ora: ospitare il prossimo G7 di giugno nel suo Doral Golf Club di Miami. Una decisione che solleva più di un allarme etico e una questione di conflitto di interessi: far venire i leader delle potenze mondiali e le varie delegazioni nel suo lussuoso resort porterà inevitabilmente soldi nelle casse della Trump Organization oltre a mettere il Doral al centro dell’attenzione mondiale.

L’impeachment, nel millesimo giorno di presidenza del tycoon, non è dunque più uno spettro, ma appare quasi inevitabile. Lo si respira sia alla Casa Bianca sia al Congresso. Per questo il nervosismo sale alle stelle.

E Trump, che tra un appuntamento e l’altro della visita di Sergio Mattarella incontra i leader di Capitol Hill, alza l’asticella del livello di scontro, insultando la speaker della Camera Nancy Pelosi, terza carica dello Stato, e di fatto cacciando via i responsabili democratici: “Ci rivediamo alle urne”, la sua sfida.

Nel corso della riunione, di fronte alle proteste per quanto sta accadendo in Siria, il presidente ha attaccato Pelosi, guardandola negli occhi e definendola una “politica di terz’ordine” e una persona “malata”, lei che alla fine ha dato il via libera alla Camera per avviare l’indagine per l’impeachment. “Io odio l’Isis più di voi”, ha urlato il tycoon.

“Non credo”, ha replicato la speaker. Poi Trump non contento ha postato una foto della senatrice che gli punta il dito contro parlando di “crisi di nervi” e dandole dell’isterica.

Ma le cattive notizie per Trump arrivano dal Congresso dove è stato ascoltato un altro testimone chiave dell’Ucrainagate, l’ambasciatore americano presso la Ue Gordon Sondland. Questi ha confermato come Trump aveva ordinato a lui e a molti altri diplomatici di lavorare con il suo avvocato Rudy Giuliani impegnato nel fare pressioni su Kiev.

Pressioni mirate a mettere nei guai Joe Biden e suo figlio Hunter. Sondland ha spiegato di essersi adeguato pur non essendo d’accordo e mettendo in guardia dal fatto che congelando gli aiuti a Kiev si rischiava di compromettere l’importante alleanza con l’Ucraina.

Il capo di gabinetto della Casa Bianca Mick Mulvaney ha ammesso le indicazioni date da Trump a molti alti funzionari, e ha ammesso anche che gli aiuti a Kiev erano proprio legati all’avvio delle indagini su Biden. Ma per Mulvaney nessuna regola è stata infranta, niente di sbagliato insomma nella linea del tycoon.

Intanto sempre in Congresso cresce l’opposizione, anche tra i repubblicani, alla strategia seguita fin qui da Trump in Siria, con l’abbandono degli alleati curdi lasciati nelle mani della Turchia.

Mentre i media svelano che il tycoon  incaricò il ministro della giustizia William Barr e quello al tesoro Steve Mnuchin di occuparsi delle ripetute preghiere del presidente turco Recep Tayyip Erdogan: quelle di evitare misure contro Halkbank, una delle più grandi banche della Turchia, accusata di aver violato le sanzioni all’Iran.

In una telefonata dello scorso aprile, poi, Trump disse a Erdogan che Barr e Mnuchin avrebbero gestito la situazione. Nei mesi seguenti nessuna azione fu presa contro quella banca.

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