Polonia: Kaczynski perde maggioranza assoluta al Senato

Il leader polacco Jaroslaw Kaczynski, (tio.ch)

BERLINO. – Gli accordi tra le forze di una opposizione in genere divisa hanno rovinato la festa al leader polacco Jaroslaw Kaczynski, che nelle elezioni politiche di domenica, pur conservando la maggioranza assoluta alla Camera, ha perso per uno o due seggi quella al Senato.

Uno schema che ha dimostrato, a Varsavia come a Budapest, che gli strapotenti leader sovranisti non sono invincibili se l’opposizione mette da parte le rivalità, almeno al momento del voto.

In Polonia si tratta di un colpo per il partito “Diritto e Giustizia” (Pis) di destra, conservatore, euroscettico e clericale di cui Kaczynski è presidente esercitando un enorme influsso sul sistema polacco: per il sicuramente riconfermato premier Mateusz Morawiecki ora sarà molto più difficile far approvare in 24 ore, firma del presidente Andrzej Duda compresa, leggi che magari sfidano l’Ue sul rispetto dello Stato di diritto sull’indipendenza della magistratura e il controllo dei media.

I risultati definitivi delle politiche hanno attribuito al Pis il 43,6% dei voti, con un aumento di sei punti sul risultato delle precedenti elezioni del 2015 e solo leggermente inferiore al 45,4 delle europee. Il principale gruppo di opposizione, la centro-liberale e filo-europea Coalizione civica (Ko), alla cui formazione ha contribuito il presidente dell’Ue Donald Tusk, è cresciuto di tre punti ma ha raccolto solo il 27,4%.

Anche se il gruppo “Sinistra” torna nel Sejm dopo quattro anni ottenendo il 12,6% e i nuovi nazionalisti di estrema destra antisemita di Confederazione hanno preso il 6,8%, la maggioranza assoluta dei 460 seggi del Sejm resta al Pis con lo stesso numero di deputati che aveva finora (235 a fronte dei 134 di Ko).

Diversa invece la situazione al Senato, dove il sistema delle desistenze di tre gruppi di opposizione nei collegi uninominali ha funzionato: il Pis ha perso la maggioranza di 61 seggi su 100 e ora dispone solo di 48 senatori direttamente, o al massimo di 49 anche considerando una “indipendente” che potrebbe appoggiarlo.

Pur nell’apparente clima di trionfo creato dagli exit-poll sulla Camera, Kaczynski era sembrato presentire l’intoppo quando ha detto di aver “ricevuto tanto ma di meritare di più”.

Lo schema ha funzionato anche in Ungheria che, oltre alla capitale Budapest, ha consegnato all’opposizione, per la prima volta unita, 11 dei 23 capoluoghi in palio nelle elezioni amministrative svoltesi anch’esse domenica. Il partito populista

Fidesz del premier Viktor Orban ha perso nove grandi città e ha ammesso la sconfitta ma ha sottolineato che il suo partito conserva la maggioranza nel Paese fatto anche di tanti piccoli comuni.

Il candidato dei Verdi nella capitale e vincitore delle primarie fra partiti di opposizione, Gergely Karacsony, ha ottenuto il 51% dei voti battendo il sindaco uscente ed esponente di Fidesz, Istvan Tarlos, fermatosi al 44%. Karacsony ha vinto in 14 dei 23 distretti di Budapest grazie a desistenze delle altre formazioni tra cui quella della formazione di estrema destra Jobbik: insomma scelte tattiche non convertibili in una strategia per governare.

(di Rodolfo Calò/ANSA)

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