Ankara verso l’attacco a Kobane, Assad schiera le truppe

Carri armati turchi avanzano nel nord di Siria. (Elperiodico.com)

ISTANBUL. – “Andremo fino in fondo. Finiremo quello che abbiamo iniziato”. All’indomani dell’annunciata intesa tra Bashar al Assad e i curdi per frenare l’incursione turca nel nord-est della Siria, Recep Tayyip Erdogan non si ferma e mette Kobane nel mirino. “È un passo vitale quanto l’operazione a Cipro del 1974”, scandisce il leader di Ankara.

Su cui però, annuncia Donald Trump, sta per piombare la scure di “grandi sanzioni” americane. Mentre gli Stati Uniti si preparano a ritirare definitivamente le loro truppe dalla Siria dopo l’abbandono di Kobane, il tycoon conferma di voler agire solo sul piano economico: “Veramente c’è qualcuno che pensa che dovremmo andare in guerra con un membro della Nato come la Turchia? Basta alle guerre senza fine”.

Sul terreno, intanto, l’avanzata di Ankara prosegue. Mentre le forze di Damasco risalgono la Siria da est e da ovest fino a una ventina di km dal confine, stringendo il campo d’azione dell’offensiva, la Turchia ha lanciato l’assalto alla città strategica di Manbij e si prepara ad attaccare Kobane, dove si sono ritirati i marines Usa ma starebbero arrivando proprio le forze di Damasco.

In mattinata era stato lo stesso Erdogan a descrivere come imminente l’azione su Manbij, portata inizialmente dalle milizie arabe filo-Ankara cui il presidente ha sostenuto di voler lasciare il controllo della località strategica a ovest del fiume Eufrate, punto di passaggio tra la regione di Aleppo e quella di Raqqa, a più di 100 km dalla zona finora interessata dall’operazione turca. Ma secondo la tv di stato siriana nella città è entrato stasera l’esercito di Assad.

Per il momento le forze speciali turche restano nella retroguardia con i blindati. Per discutere dei rischi di un potenziale confronto militare diretto tra Ankara e Damasco ci sono state nelle ultime ore consultazioni tra i capi di stato maggiore di Russia e Turchia.

Il Cremlino esclude un intervento diretto ma torna a condannare la violazione dell’integrità territoriale siriana, come fa da Teheran anche l’altro sponsor di Damasco, il presidente iraniano Hassan Rohani.

I carri armati turchi sono stati schierati anche a Jarablus, pronti ad attraversare l’Eufrate verso est con ponti ad hoc per dirigersi verso i dintorni di Kobane. Ma la città simbolo della resistenza curda all’Isis, su cui Erdogan sostiene di avere un’intesa con Vladimir Putin, resta al momento off limits, in attesa di capire se il vuoto lasciato dagli americani verrà riempito dall’esercito di Assad.

I martellamenti dell’artiglieria e dell’aviazione turca proseguono intanto tra Tal Abyad e Ras al Ayn, dove i villaggi e le postazioni conquistate sono una cinquantina. Ankara sostiene di aver “neutralizzato” 560 miliziani curdi, di cui 500 uccisi.

L’Osservatorio siriano per i diritti umani fissa invece la cifra a 128, indicando inoltre 94 perdite tra i combattenti arabi filo-Ankara e 8 tra i soldati turchi, rispetto ai 5 confermati dalla Turchia. In questa situazione caotica continuano anche le accuse incrociate sull’uso strumentale della minaccia dell’Isis.

Dopo quelle ad Ankara di bombardare le carceri e favorire la fuga di miliziani e centinaia di loro familiari, oggi è l’esercito di Erdogan a denunciare che i curdi avrebbero aperto la prigione di Tal Abayd per “scatenare il caos”.

E anche Trump rilancia le accuse ai Paesi Ue per non essersi ripresi i propri foreign fighter jihadisti: “L’Europa se li sarebbe dovuti prendere indietro già prima dopo numerose richieste, senza permettere loro di scappare. Devono farlo ora”.

Gravissima resta anche la situazione umanitaria, con decine di vittime civili sul fronte curdo e 18 su quello turco. Per l’Organizzazione mondiale della sanità gli sfollati interni sono ormai 200 mila, di cui 70 mila bambini secondo l’Unicef, mentre 1,5 milioni di persone hanno bisogno di assistenza sanitaria, con un forte rischio di malattie infettive.

(di Cristoforo Spinella/ANSA)