Trump: “I curdi non ci aiutarono in Normandia”

Due soldati curdi appostati nelle vicinanze di Afrin, al nord-overt di Siria, durante l'offensiva militare turca nello scorso mese di gennaio. (Il Fatto Quotidiano)

WASHINGTON. – “I curdi? Li amiamo ma non ci aiutarono nello sbarco in Normandia”. “La moglie del diplomático americano che ha investito un giovane in Gran Bretagna? Lì si guida contromano, capita”. Donald Trump twitta incessantemente e parla a ruota libera davanti alle tv, come se fosse al bar, cadendo a volte in vere e proprie gaffe.

Come quando ha voluto ricordare che il popolo curdo non ha aiutato gli Usa nella Seconda guerra mondiale, quasi alla ricerca di un alibi per aver abbandonato gli alleati nella lotta all’Isis alla mercé dell’offensiva turca.

“I curdi si battono per la loro terra”, ha proseguito il presidente americano per evidenziare che il loro obiettivo è solo nazionale, dimenticando la tragedia di un antichissimo popolo perseguitato da tutti e ancora senza patria.

Il tycoon è sembrato prendere alla leggera anche la vicenda del giovane ucciso dalla moglie di un diplomatico Usa in Gran Bretagna lo scorso agosto. “É un terribile incidente ma può capitare quando sei abituato a guidare a destra e improvvisamente devi guidare a sinistra. Non dovrei dirlo, ma è capitato anche a me” di guidare nella direzione sbagliata, ha commentato il presidente, come se la colpa fosse degli inglesi che “corrono nella direzione sbagliata”.

Del resto, ironizzano i detrattori, è facile scivolare quando commenti tutto velocemente in una compulsiva scarica di tweet o in improvvisate conferenze stampa torrenziali sotto le pale dell’elicottero Marine One.

Ecco quindi che arriva il monito per l’uragano Dorina in uno Stato che invece era fuori traiettoria, l’offerta per liberare un rapper Usa in Svezia con una cauzione che in quel Paese non esiste. O le storpiature dei nomi di leader stranieri amici come Giuseppi Conte e Emanuel Macrone. Oppure i messaggi contradditori dopo l’improvviso ritiro delle truppe dalla Siria, che gli sta alienando anche le simpatie del Grand Old Party.

Tanto da costringerlo a chiamare almeno tre volte al giorno il leader dei repubblicani al Senato Mitch McConnell per garantirsi la lealtà del partito, soprattutto in vista del possibile voto sulla messa in stato d’accusa nella camera alta del parlamento.

Lascia un commento