Medio Oriente in fiamme, è rivolta contro il carovita

Manifestanti caricano un loro compagno ferito negli scontri contro la polizia a Baghdad. (El Correo del Golfo)

BEIRUT.  – Una giornata di proteste e di sangue è andata in scena oggi a Baghdad e in altre città dell’Iraq, dove per il secondo giorno consecutivo si sono svolte manifestazioni popolari contro il carovita e a cui hanno preso parte migliaia di persone, in larga parte giovani senza lavoro e studenti universitari, provenienti dalle periferie e dalle impoverite località del centro-sud iracheno.

Il bilancio delle ultime 24 ore di disordini, causati dalla repressione governativa e, secondo fonti ufficiali, dall’infiltrazione di “facinorosi”, è di sette morti e circa 300 feriti. Tra le vittime – a Baghdad e Nassiriya – ci sono un poliziotto e un bambino.

Ma le proteste in Iraq fanno eco a quelle avvenute di recente in Libano e in Egitto, al perdurante malcontento in Giordania, e al disordine imperante nella vicina Siria.

Con l’acqua potabile e l’elettricità razionate, con un accesso sempre più limitato a servizi sanitari e scolastici di qualità, senza lavoro e senza prospettive di poter emigrare all’estero, a est del Mediterraneo centinaia di migliaia di giovani stanno infatti dando voce alla loro rabbia per una situazione descritta dagli analisti come “esplosiva”.

Nei giorni scorsi in Libano, dove una popolazione di meno di quattro milioni di persone vive accanto a circa un milione di profughi siriani, centinaia di persone sono scese in piazza per chiedere un urgente intervento del governo contro la crisi economica.

Nelle settimane scorse si era invece riaccesa in Egitto la fiamma delle proteste, incentrate sul tema dei diritti politici. In Giordania, gli insegnanti delle scuole pubbliche sono in rivolta, ma il malcontento avvolge ampi settori delle comunità del regno hascemita.

Analisti locali notano che al di là delle differenze tra i contesti nazionali, la regione si sta infiammando a causa delle crescenti disparità e dell’assenza di strategie di inclusione dei settori più vulnerabili delle società.

Anche nella vicina Siria, il conflitto economico dilaga anche se la guerra prosegue solo in alcune aree del martoriato paese. Ai problemi di sicurezza si aggiungono i segnali di una insofferenza sociale profonda, accentuata dalle conseguenze di otto anni di guerra.

E nella valle siriana dell’Eufrate, la mai sopita insurrezione dell’Isis si ravviva grazie soprattutto al malcontento delle comunità, escluse dal processo di decisione politica e dalla spartizione delle ricche risorse petrolifere.

Nel vicino Iraq, a rivoltarsi in queste ore sono in particolare le comunità delle regioni centro-meridionali, dove i partiti-milizia sciita avevano fatto fortuna negli anni scorsi proprio grazie alla guerra contro i “terrorista” dell’Isis.

Una volta finita la guerra, i nuovi signori della guerra cooptati dal governo non distribuiscono più ricchezza alla massa di “diseredati” di una delle regioni più ricche di petrolio di tutto il Medio Oriente.

(di Lorenzo Trombetta/ANSA)