Brexit, ultima offerta di Johnson per evitare il no deal

Una manifestazione di estrema destra a favore del Brexit, nel diciembre dell'anno scorso, poco prima del voto del Parlamento sull' accordo per la ritirata dalla Ue decisa in un referendum del 2016. (Cadena SER)

LONDRA. – L’ultima chance per evitare un no deal, almeno fino a quando Boris Johnson resterà a Downing Street e se non sarà un tribunale del Regno a obbligarlo a chiedere un rinvio. É questo il senso delle proposte recapitate oggi dal premier britannico a Bruxelles come soluzione alternativa al nodo cruciale dell’interminabile partita sulla Brexit innescata dal referendum di ormai oltre tre anni fa: quello del confine fra Irlanda e Irlanda del Nord.

Proposte presentate come “un compromesso equo e ragionevole”, ma anche come “l’offerta finale”. Con la conseguenza, evocata in toni espliciti da BoJo nella retorica pre elettorale del suo discorso di chiusura del congresso Tory di Manchester, che nel caso di un rifiuto dell’Ue di accettarla se non altro quale “base di discussione” su cui condurre entro ottobre “rapidi negoziati” conclusivi, non vi sarà che la strada di un divorzio hard.

Poiché il 31 ottobre Johnson ribadisce che il Regno uscirà comunque dal club dei 27, a dispetto anche della legge anti-no deal (nelle sue parole “legge della resa”) approvata dagli oppositori al Parlamento di Westminster.

Il no di Juncker, del resto non c’è. Almeno per ora. Il presidente della Commissione, dopo una conversazione diretta con Boris, si limita a dire che nel testo ricevuto da Londra vi sono aspetti “problematici”, ma non chiude del tutto la porta.

Anzi, loda “la determinazione” di Johnson a cercare un’intesa, parla di “progressi”, s’impegna a lavorare “24 ore su 24 e 7 giorni su 7” nelle poche settimane che rimangono per chiudere il cerchio.

Certo, le prime reazioni del governo di Dublino sono molto più fredde. Mentre dalle opposizioni britanniche il fuoco di sbarramento è già intenso: a iniziare dal leader laborista Jeremy Corbyn, che accusa il primo ministro conservatore di barare e rilancia l’appello a tutte le forze anti-Boris a fare barriera per impedire il rischio concreto di un no deal, prima dell’inevitabile sbocco delle elezioni anticipate, come “priorità assoluta” del momento.

Il piano Johnson appare d’altronde a molti un esercizio di equilibrismo dalle prospettive incerte. Di fatto fa balenare un futuro scenario irlandese post Brexit che anche il giornale amico Daily Telegraph sintetizza con un ironico gioco di parole: “due confini per 4 anni”.

Eliminata la clausola vincolante del backstop, prevede in sostanza che l’Irlanda del Nord esca dall’unione doganale dopo la transizione a fine 2021.

Con l’inevitabile istituzione di controlli doganali fra Belfast e Dublino, pur indicati come “minimi” da Londra, non sui 500 chilometri della linea di frontiera (che gli accordi di pace del Venerdì Santo del 1998 indicano debba essere senza barriere), bensì sparsi a una distanza imprecisata da essa: sui due lati del confine. Come a diluire, se non a nascondere, gli ostacoli.

Nello stesso tempo l’idea è quella di lasciare uniformato l’Ulster per 4 anni alle regole del mercato unico comunitario per i beni agricoli e manifatturieri, con annessa esenzione dal codice doganale europeo (Ucc) e dall’allineamento all’Iva del continente o agli standard di tutela del lavoro fissati da Bruxelles.

Condizione transitoria che andrebbe poi confermata o sostituita con un confine più tradizionale con l’Eire dal Parlamento locale nordirlandese: decisione destinata potenzialmente a creare forte tensioni fra i maggiori partiti del territorio, unionisti da un lato, repubblicani dall’altro.

Il tutto sullo sfondo di un disegno che mira a modificare la dichiarazione sulle relazioni future fra l’intero Regno e l’Europa dando fin d’ora per scontato il punto di caduta di un rapporto regolato da un trattato privilegiato di libero scambio.

Un deal sulla Brexit è ciò “che tutti vogliamo”, ha assicurato Johnson nella lettera allegata alle sua proposte indirizzata a Juncker. Giurando di voler rispettare, sullo spinoso fronte irlandese il dettato, dell’accordo di pace del 1998, raggiunto dopo tanto sangue versato.

Ma anche ammettendo che qualche “intoppo ci sarà” nelle relazioni quotidiane fra  nord e sud dell’isola verde, per quanto “ridotte al minimo”. In ogni modo, ha notato BoJo, “i nostri predecessori hanno risolto situazioni ben più dure e noi possiamo sicuramente risolvere questa”.

Pena “un fallimento nell’arte di governare di cui tutti saremmo responsabili”, ha avvertito. Chissà se a rischio di firmare la sua stessa condanna storica.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)

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