Lunedì referendum della Lega in Cassazione, dubbi dei giuristi

Seduta di insediamento del nuovo consiglio regionale del Piemonte presso Palazzo Lascaris, Torino,
Seduta di insediamento del nuovo consiglio regionale del Piemonte presso Palazzo Lascaris, Torino, 1 luglio 2019 ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

ROMA. – Otto Consigli delle Regioni governate dal centrodestra hanno richiesto il referendum promosso dalla Lega che elimina la parte proporzionale dal Rosatellum. Il quesito sarà depositato lunedì mattina in Cassazione per avviare la procedura che si concluderà con il pronunciamento della Corte costituzionale sulla sua ammissibilità.

Su questa numerosi costituzionalisti nutrono dubbi, motivo per cui la maggioranza giallo-rossa non si mostra molto preoccupata e comincia a lavorare ad una intesa di massima sulle riforme da raggiungere entro l’8 ottobre, giorno dell’approvazione definitiva del taglio del parlamentari.

Il fatto che abbiano aderito ai desiderata di Matteo Salvini non solo cinque Regioni, il numero richiesto dalla legge, ma altre tre del centro-sud (Sardegna, Abruzzo e Basilicata, manca il Molise), serve a ribadire la leadership di Salvini sugli alleati anche in tutti i Consigli Regionali, dove Forza Italia si è adeguata, anche se Silvio Berlusconi aveva detto di preferire un sistema con una parte proporzionale.

Lunedì in Cassazione si presenteranno a depositare il quesito non solo i due rappresentanti di ogni Regione, come prevede la legge, ma anche Roberto Calderoli, così da riconfermare la paternità dell’iniziativa e la leadership nell’eventuale conduzione di trattative con la maggioranza demo-grillina sulle riforme.

Quest’ultima non mostra nervosismo di fronte al referendum che se fosse ammesso dalla Corte e poi approvato dagli elettori instaurerebbe un sistema uninominale a turno unico. Che costringerebbe M5s, Pd e Leu a formare alle politiche una vera e propria coalizione. Scelta che non è ancora maturata.

In realtà M5s, Pd e Leu sono convinti che la corte dichiarerà inammissibile il referendum. Lo ha ribadito Stefano Ceccanti, egli stesso costituzionalista oltre che deputato Dem, ma anche diversi altri docenti, come Salvatore Curreri, Felice Besostri (i cui ricorsi alla Consulta hanno fatto dichiarare incostituzionali il Porcellum e l’Italicum); dubbi li esprime anche il presidente emerito della Corte, Cesare Mirabelli.

La maggioranza guarda in casa propria per trovare una intesa entro il giorno di approvazione del taglio dei parlamentari. Lo ha nuovamente sollecitato, pur “senza polemica” il capogruppo di Leu alla Camera, Federico Fornaro, che ricorda che questo era l’impegno scritto anche nel programma.

Il tema è come non sacrificare eccessivamente la rappresentanza visto il taglio dei parlamentari (alla Camera da 630 a 400, al Senato da 315 a 200) con i partiti piccoli destinati a sparire e quelli medi (come Fi o Fdi) a rischio a Palazzo Madama.

Fornaro per esempio ha chiesto una modifica costituzionale per cui il Senato non verrebbe più eletto su base regionale bensì pluri-regionale, così da sacrificare meno le piccole regioni. Il nodo di fondo da sciogliere è se puntare a un sistema proporzionale con sbarramento o, all’opposto, a un doppio turno con possibilità di allearsi tra un turno e l’altro. Una decisione da prendere nel giro di dieci giorni.

(Di Giovanni Innamorati/ANSA)

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