L’Afghanistan al voto tra violenze, paura e corruzione

Uno dei numerosi cartelli elettorali sulle strade afghane. (EFE/ WATAN YAR )

ROMA.  – Preceduto da una lunga scia di sangue e da diversi rinvii, il giorno del voto è arrivato per l’Afghanistan, chiamato a scegliere domani il proprio capo di Stato nelle quarte elezioni presidenziali dalla caduta del regime talebano nel 2001.

Sono circa nove milioni e mezzo gli elettori che si sono registrati per votare, su una popolazione di 33 milioni. Ma ai seggi si andrà nella paura: gli islamisti hanno promesso nuovi attentati, dopo quelli delle scorse settimane che hanno preso di mira centri elettorali e appuntamenti della campagna.

Non sono da escludere neppure rappresaglie contro i votanti, invitati apertamente dai talebani a rimanere a casa. Cinque anni fa a molti che erano andati alle urne amputarono un indice, il dito macchiato con l’inchiostro usato al seggio. Un monito a non appoggiare un governo visto come simbolo della corruzione e strumento dell’oppressione occidentale.

Le elezioni arrivano a poco meno di un mese dal fallimento dei negoziati con gli Stati Uniti che avrebbero dovuto portare al ritiro definitivo delle forze Usa dal Paese.

Trump a inizio settembre ha dichiarato defunti i colloqui di pace e da allora i talebani, che già avevano annunciato di voler boicottare il voto, sono ancora di più sul piede di guerra. Soltanto la settimana scorsa sono stati 150 i morti tra attacchi degli islamisti, controffensive governative e raid dei droni americani.

In corsa per la poltrona di presidente ci sono quindici candidati, nessuno tuttavia che sembra incarnare il desiderio di cambiamento degli afghani, stanchi della corruzione imperante.

Tra loro c’è il presidente in carica Ashraf Ghani, che cerca un secondo mandato. Il 17 settembre, i talebani hanno attaccato un appuntamento della sua campagna elettorale a Parwan, uccidendo almeno 26 civili e ferendone più di 40.

Suo principale sfidante è Abdullah Abdullah, direttore generale dell’Afghanistan, un ruolo creato dopo le elezioni presidenziali del 2014.

Ingenti le misure di sicurezza per far fronte alla minaccia talebana. Fuori da ciascuno dei circa 5.000 centri elettorali allestiti in tutto il Paese ci saranno tre distinti cordoni di sicurezza, presidiati da poliziotti, intelligence e da personale dell’esercito nazionale afgano. In tutto, il ministro dell’Interno ha annunciato un dispiegamento di 72.000 agenti.

Alla vigilia del voto si è fatto sentire anche il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, che ha esortato a garantire agli elettori il diritto di esprimersi. “Qualsiasi atto di violenza contro il processo elettorale – ha detto -, compresi attacchi ai centri elettorali, al personale e agli elettori, è inaccettabile”.