Voci scissione agitano M5s, fronda sonda renziani e FI

Il capo politico del M5s Luigi Di Maio, in conferenza stampa dopo il voto sulla piattaforma Rousseau.
Il capo politico del M5s Luigi Di Maio, in conferenza stampa dopo il voto sulla piattaforma Rousseau. (ANSA)

ROMA. – Luigi Di Maio prova a riprendere in mano le redini della guida del Movimento, dopo che nella riunione dei senatori di ieri è partita la fronda per chiedere un intervento sulle regole sui poteri del capo politico. Il leader ribatte, cercando di smontare l’idea di un ammutinamento: “E’ giusto che ci sia chi non è d’accordo. Ma far passare quelle 70 firme per 70 firme contro di me… Ci sono persone che potrei definire amiche e con cui lavoro ogni giorno che mi hanno chiamato e mi hanno detto che è un grande malinteso”.

Una soluzione potrebbe essere trovata nell’immediato con un intervento per la creazione del gruppo dei “facilitatori” già promesso dal capo politico e che i “ribelli” vorrebbero eletto da Rousseau: un organismo di 12 componenti integrato d’ufficio dai due capigruppo di Camera e Senato e dal garante Beppe Grillo.

“Il futuro del movimento è un’organizzazione, non una struttura, che aiuti i cittadini a fare arrivare le proprie istanze, i propri problemi, al vertice delle istituzioni, un’organizzazione che ci permetterà di essere più efficaci per le persone”, ha detto Di Maio parlando a margine dei lavori dell’Onu a New York.

Resta comunque alta la tensione nel movimento. Tant’è che hanno ripreso a circolare con insistenza le voci che parlano di possibili scissioni. Con contatti, al Senato, dei “malpancisti” con i gruppi di FI e Italia Viva. I diretti interessati smentiscono: “Fatto salvo quello che deciderà Paragone è un’ipotesi che non esiste. Qui non avremmo neppure la possibilità per regolamento di farlo” dice un senatore.

Cosa diversa sarebbe alla Camera dove però, fa notare chi già è stato messo fuori dal Movimento, “le spinte centrifughe dovute al disagio sono di natura così diversa che al massimo per ora si può ipotizzare una semplice spaccatura”.

Eppure, le sirene degli altri partiti, si teme nel Movimento, potrebbero non lasciare del tutto indifferenti alcuni parlamentari pentastellati. E le dichiarazioni lasciate cadere in giornata dai vari leader di partito non hanno tranquillizzato Di Maio. “I parlamentari di Italia viva sono ad oggi 42 – ha detto Renzi alla stampa estera – Penso che arriveremo a una cinquantina entro un mesetto”.

Così è cominciata la conta, per capire chi, fra Palazzo Madama e Montecitorio, possa essere tentato di lasciare il Movimento pur rimanendo in maggioranza. Ma nella partita si è infilato anche Salvini. “Mettetevi nei panni di chi ha fatto una battaglia nei Cinque Stelle per anni contro quelli del Pd perché erano corrotti e ci si ritrova alleato. Questo crea molto disagio, disagio che sarà palesato con alcune sorprese con dei passaggi verso la Lega”.

Da New York, Di Maio fa perno sull’orgoglio pentastellato. “I nostri parlamentari non sono in vendita – dice – ho detto loro di registrare gli incontri se qualcuno venisse a fare delle avances. Questi comportamenti non solo sono deplorevoli, mi fanno anche un po’ pena”.

Il cambio di squadra non sembra però nelle corde dei pentastellati. Semmai l’ipotesi potrebbe essere quella della creazione di nuovi gruppi. Una prospettiva che però non sembra avere alcun futuro al Senato e che ha spazi minimi alla Camera. Insomma, il disagio per ora dovrebbe continuare a covare fra le fila del Movimento.

Non a caso, per adesso non paiono imporsi figure di nuovi leader, malgrado fra i malpiancisti vengono annoverati anche nomi di ‘peso’ fra i Cinque Stelle, come quelli del presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra e dell’ex ministro Barbara Lezzi. Senza considerare le posizioni da tempo non in linea, come quelle di Alessandro Di Battista o di Gianluigi Paragone.

(di Giampaolo Grassi e Francesca Chiri/ANSA)

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