Confederazione italiana agricoltori: “Paese fermo”, con piano agroindustria 100 mila posti

Dino Scanavino
Dino Scanavino. (ANSA)

ROMA.-  “L’agricoltura in controtendenza cresce per livelli di produzione e occupazione ma il paese è fermo e per farlo ripartire  serve un piano che lo doti di infrastrutture e reti adeguate. A partire dai territori”.

Non ha dubbi Dino Scanavino, leader della Confederazione italiana agricoltori che con in un colloquio con l’ANSA sottolinea priorità e urgenze per un settore che nel 2018 ha avuto un valore della produzione di quasi 60 miliardi di euro e lancia le proposte degli agricoltori per  un piano agroindustriale strutturato che, spiega, “potrebbe creare fino a 100 mila nuovi posti di lavoro generando Pil e ricchezza”.

Si tratta, spiega Scanavino, di “un  intervento straordinario di tutela, manutenzione e gestione sostenibile del Paese, recuperando gli enormi ritardi infrastrutturali e puntando sulla centralità dell’agricoltura”, con un piano, “Il paese che vogliamo” che dal 2 settembre fino al 2020 la Cia presenterà con un road show in tutta Italia.

Un progetto nel quale la Cia intende coinvolgere tutti gli attori sul territorio, enti locali, associazioni, politica e che si articola in cinque capisaldi: infrastrutture, governo del territorio, filiere a vocazione territoriale, sistemi di gestione della fauna selvatica, enti locali e politiche europee.

“I ritardi non sono più accettabili. E’ necessario puntare sulle infrastrutture e  le aree rurali e periferiche” dice Scanavino. “Serve una strategia sinergica per le infrastrutture e per la manutenzione”. A partire proprio dal gap delle aree periferie; al nord come al sud.

Anche se è sopratutto nel Mezzogiorno che il divario è più evidente. Nelle regioni del Meridione ogni impresa può contare in media su meno di 20 km di infrastrutture, circa la metà di quelli a disposizione delle imprese del Nord-Ovest.

A fronte di una media nazionale di 23 km di autostrade ogni 1000 kmq, nel Sud si scende a 20 km/1000 kmq, con la Basilicata ferma a 3 km/1000 kmq e il Molise bloccato a 8 km/1000 kmq.

Anche il confronto internazionale la dice lunga: a fronte di 791 km di infrastrutture per chilometro quadrato nel nord ovest italiano ce ne sono 1.028 in Germania nell’area Nordrhein Westfalen, 2.250 nell’area francese Auvergne-Rhone Alpes, 2.477 nel Sud est del Regno Unito.

Lo stesso discorso vale per il digitale con la copertura internet che interessa solo il 77% del territorio nazionale rispetto all’82% dell’Ue.

La produzione agricola italiana viene realizzata per il 51% dalle regioni del Nord Italia, dal 15% dal Centro e dal 34% dal Sud. “Il nostro futuro non è nelle grandi commodities –dice Scanavino- ma nel territorio con le sue specificità di prodotto.

La periferia è la leva per la salvaguardia e la crescita del paese”, spiega convinto “che lo sviluppo passi attraverso la promozione di filiere territoriali di eccellenza, siano ese filiere di produzione che di trasformazione. Dobbiamo mettere in sinergia agricoltura, commercio, logistica, turismo, enti local e cittadini, in un’ottica di sistema integrato su misura, ma il il territorio deve essere connesso,  sia in termini fisici che digitali”.

“Solo così potremo offrire opportunità di crescita di aree che adesso ne sono fuori.  Basti pensare all’esempio del vino e dell’uva, dove c’è una divario di valore tra diverse aree enorme e che si potrebbe colmare”.

Un  altro nodo, spiega Scanavino, è quello della manutenzione del territorio. “Tra maltempo, calamità naturali, dissesto idrogeologico e fauna selvatica, non prevenire è già costato all’Italia oltre 20 miliardi di euro negli ultimi dieci anni.

Ancora oggi, quasi 7.000 comuni e 150.000 imprese agricole sono esposti a rischi ambientali”. “Noi eravamo abbastanza favorevoli all’abolizione delle province ma ora si è creato un vuoto gestionale che va colmato subito: è urgente sia la manutenzione delle aree a rischio sia una programmazione per il futuro.

Penso che la strada potrebbe essere quella di un organismo puramente tecnico  di gestione del territorio.

Più in generale inoltre,  continua il presidente della Confederazione italiana degli agricoltori “e’ necesario trasferire il concetto di produzione della ricchezza dalle aree metropolitane alle aree periferiche incentivando sul territorio l’occupazione giovanile e contrastando l’abbandono anche favorendo  le nuove cittadinanze  che derivano dall’immigrazione che sono un altro importante volano della crescita”, “perché il paese che vogliamo è un paese dove la politica concorre alla formazione di una strategia per creare le filiere sul territorio convinta che l’impresa non sia un valore dei singoli ma un valore collettivo per il paese”.