Nuovi rapporti di forza nel M5s, ma è buio su leadership

Il deputati del M5s Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico durante la manifestazione di protesta del M5S davanti Montecitorio.
Il deputati del M5s Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico durante la manifestazione di protesta del M5S davanti Montecitorio. ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA. – La crisi di governo e la fine dell’alleanza gialloverde scompagina i rapporti di forza dentro il Movimento 5 Stelle e prefigura un prossimo ribaltamento della leadership. Beppe Grillo è già tornato in campo e nonostante le rassicurazioni che giungono dallo stato maggiore del Movimento sulla condivisione delle scelte tra l’attuale e il vecchio capo politico, sono in pochi oramai a scommettere sulla sopravvivenza politica della guida di Luigi Di Maio.

Il vicepremier, due volte ministro e capo politico del M5s si sta giocando la partita finale con molta circospezione, quasi scioccato dai continui cambi di passo nella gestione della crisi da parte dell’ex alleato. Chiuso anche lo spiraglio che sembrava essersi aperto per qualche ora con una riedizione dell’alleanza gialloverde, con un rimpasto (” a questo stato dei rapporti è impossibile” commenta un big del Movimento), ora i 5 stelle guardano senza alcuna riluttanza all’ipotesi di un possibile governo con il Pd.

Naturale che in questa prospettiva stia guadagnando peso la figura di Roberto Fico, “pontiere” del dialogo tra le due sponde. Per lui tuttavia non sembra prospettarsi un ruolo di governo nel caso in cui dovesse nascere veramente un Esecutivo giallo-rosso.

“Fico resterà presidente della Camera. E’ una figura di garanzia e tale deve restare” assicura un esponente pentastellato di governo. La crescita del peso specifico di Roberto Fico dovrebbe tuttavia portare con sè anche la ‘riabilitazione’ di un consistente gruppo di parlamentari fino ad oggi penalizzati per l’appartenenza alla cosiddetta area “ortodossa”.

Intanto mentre Alessandro Di Battista sembra restare alla finestra in attesa di un chiarimento politico, la prospettiva di un governo con i dem oscura anche le prospettive dell’attuale premier in carica. Pur non provenendo dalle file interne del Movimento, per lui era stata ipotizzata anche la corsa come candidato premier in caso di elezioni.

Ma in questa fase, in cui il M5s resta alla finestra, si ragiona più che altro sulle cose da fare, su un programma che guardi a temi condivisibili con il Pd, dal salario minimo all’economia sostenibile e green, passando per il Sud ed escludendo forzature sull’Autonomia.

Soprattutto, senza fossilizzarsi sui nomi, anzi: per la sopravvivenza del M5s i 5 stelle sono pronti a rinunciare non solo alla presenza di Luigi Di Maio in un prossimo esecutivo ma anche a quella dello stesso Giuseppe Conte. “Il presidente del Consiglio? Ha un alto gradimento tra gli italiani, lo vedrei molto bene come candidato premier M5s in caso di elezioni. Meno in un esecutivo con il Pd” commenta un esponente della cerchia vicina al capo politico.

L’ipotesi di un suo coinvolgimento per la guida degli Esteri viene inoltre smontata da chi invece considera quella di Conte la figura più adatta “a far digerire” al movimento una eventuale alleanza con i democratici mantenendo ben saldo il ruolo a Palazzo Chigi: “è una figura di garanzia, il nostro elettorato si fida di lui”.

Archiviata tra gli strumenti di archeologia politica l’atavica avversione per i democratici, i 5 Stelle ormai son più realisti del re e la stragrande maggioranza di loro crede possibile un accordo con i democratici. Di questo dovrebbe prendere definitivamente atto anche Luigi Di Maio in occasione del nuovo confronto con i parlamentari che dovrebbe avvenire proprio a ridosso delle comunicazioni del premier al Senato, lunedì prossimo.

(di Francesca Chiri/ANSA)