Nuovo fine settimana di protesta a Hong Kong, Cina accusa Usa

Sit-in a Hong Kong
Un manifestante con un cartello appeso alla schiena durante il sit-in all'aeroporto di Hong Kong. (CNN.com)

ROMA. – La Cina avverte gli Stati Uniti di non interferire nella crisi di Hong Kong, e lo fa da Roma, dove l’ambasciatore di Pechino Li Junhua ha denunciato, nella sua prima conferenza stampa dal suo insediamento, che “il mondo politico degli Stati Uniti sta dando sostegno e amplificando le idee dei manifestanti” che da giugno sono scesi in piazza contro la legge sull’estradizione dell’ex colonia britannica, e che oggi hanno iniziato un sit-in di tre giorni all’aeroporto della regione.

“Hong Kong è della Cina, e non accettiamo alcun tipo di interferenza straniera”, ha aggiunto Li, avvertendo Washington che “chi di spada ferisce, di spada perisce”. Secondo Li, dagli Usa si continua a mettere in discussione e interferire con il principio “un Paese, due sistemi”.  “Sono convinto che se non ci fossero stati questi attori che muovono i fili da dietro le quinte, i manifestanti più violenti non avrebbero avuto il coraggio di fare quello che hanno fatto per le strade della città”.

“Chiediamo agli Usa – ha affermato l’ambasciatore – di pensare alle loro cose e di non fare agli altri quello non vorrebbero fosse fatto a loro”.

Pechino ha iniziato così, anche in modo inusuale per i suoi standard d’informazione, una contro campagna, cercando di evidenziare che i manifestanti di Hong Kong sono “estremisti” che realizzano “azioni violente” contro le autorità.

A Roma, ai giornalisti sono state mostrate alcune immagini di manifestanti che tirano sassi e aggrediscono poliziotti e civili, insieme a una foto che mostra il capo dell’ufficio politico del Consolato Usa a Hong Kong, Julie Eadeh, con alcuni manifestanti. Una delle prove – è stato rimarcato – dell’ingerenza americana.

“Il problema è che ci sono gruppi di manifestanti estremisti, e “architetti misteriosi” dietro di loro, che portano avanti le proteste che hanno come obiettivo il caos con motivi politici”, ha stigmatizzato l’ambasciatore.

Sul caso di Eadeh, l’Ufficio del Commissario del ministero degli Esteri a Hong Kong ha depositato dure rimostranze presso il Consolato Generale degli Stati Uniti della regione, esprimendo una “forte disapprovazione” e chiedendo chiarimenti.

Anche il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino ha ribadito il concetto, chiedendo a Washington di smettere di intervenire negli affari di Hong Kong e nelle questioni interne cinesi.

Intanto, si preannuncia un weekend caldo sull’ex colonia britannica, con decine di manifestanti vestiti di nero che oggi hanno cominciato un sit-in di tre giorni nella sala arrivi dell’aeroporto di Hong Kong, con l’intento di informare i visitatori stranieri sui motivi della loro protesta.

I partecipanti al raduno hanno in programma di continuare la manifestazione fino a domenica. Con cartelli scritti in diverse lingue, attaccano la polizia e la leader di Hong Kong, Carrie Lam.

Da Roma arriva un avvertimento anche per loro, e per tutti i partecipanti alle proteste. “Ai manifestanti violenti diciamo di non giocare con il fuoco, chi gioca con il fuoco si scotta”, ha dichiarato l’ambasciatore Li. “Quanto accaduto dal 9 giugno non sono più manifestazioni pacifiche, ma vere e proprie azioni di violenza”, e “in particolare, dall’inizio del mese di agosto, i manifestanti estremisti hanno utilizzato slogan forti parlando di liberare Hong Kong e fare una rivoluzione epocale”.

Invece, secondo Pechino, la maggioranza a Hong Kong “vuole ritornare alla normalità. Se queste persone faranno sentire la loro voce, la situazione potrà rientrare”.

Ma nonostante la tensione cresca e la protesta sia ormai arrivata quasi alla decima settimana, mettendo a dura prova l’economia dell’ex colonia britannica, Pechino continua a sostenere strenuamente Carrie Lam e la polizia di Hong Kong.

Con una posizione netta: “è necessario fermare il caos e riportare l’ordine. Qualora ci si dovesse trovare di fronte a una situazione di peggioramento, che il governo di Hong Kong non riuscirà a gestire – ribadisce anche l’ambasciatore a Roma – il governo centrale cinese non resterà a guardare”.

(di Stefano Intreccialagli/ANSA)