Dall’Albania all’Italia: Eva e i dieci bottoni, simbolo vecchia e nuova vita

Anche Eva sbarca dalla Vlora appesa alla cima legata a una bitta del porto di Bari.
Anche Eva sbarca dalla Vlora appesa alla cima legata a una bitta del porto di Bari.

BARI. – In una vecchia scatola Eva conserva ancora, dopo 28 anni, dieci bottoni colorati. I bottoni rossi, bianchi e azzurri cuciti sulla gonna che aveva deciso di indossare per il viaggio più importante della sua vita, quello che l’avrebbe condotta dall’Albania all’Italia e che avrebbe cambiato il suo futuro.

Eva Meski partì da Durazzo a bordo della nave Vlora con altri 20mila connazionali, in fuga dalla miseria e dalle rovine di un regime dissolto. Aveva 24 anni e salpò con suo marito. Sbarcò a Bari l’8 agosto 1991 e nel capoluogo pugliese vive ancora oggi, dove lavora saltuariamente come fotografa, interprete e traduttrice e dove soprattutto è moglie e madre di una ragazza di 17 anni, grata alla terra che 28 anni fa l’ha accolta.

Oggi, nell’anniversario dello sbarco della Vlora, Eva racconta la sua storia attraverso la storia di quei dieci bottoni, ancora gelosamente custoditi. “Non sono solo un ricordo – dice – sono le uniche cose che mi sono rimaste di quel viaggio, di quei giorni. Sono un simbolo, proprio perché bottoni, come se potessero tenere assieme le mie due vite”. Di quel viaggio Eva ricorda “i colori grigiastri, il calore soffocante e l’odore nauseabondo”.

“Quella mattina – racconta – avevo deciso di mettere la mia gonna preferita, lunga, di un colore verde bellissimo, abbottonata davanti con dei bottoni colorati uno diverso dall’altro. Amavo la mia gonna con i bottoni colorati. Non sapevo, quando l’ho indossata, che quella gonna mi avrebbe accompagnata nel viaggio più difficile e sporco della mia vita. Ero scappata dall’Albania salendo sulla nave con una corda, ero scappata dalla nave scendendo con la corda, ero scappata dal porto affollato con indosso sempre la stessa gonna, ma di colorato erano rimasti solo i bottoni”.

In ospedale le diedero vestiti nuovi, ma non si separò da quella gonna fino a quando, “dopo una notte insonne e una giornata infernale ci si preparava per l’ennesima fuga, questa volta dallo stadio” dove erano stati radunati tutti i profughi. Fu costretta a lasciare tutte le sue cose e allora strappò i bottoni e li mise in tasca prima di buttare via la gonna. Si ripromise di cucirli, un giorno, su un nuovo vestito. Sono ancora in una vecchia scatola.

(di Isabella Maselli/ANSA)

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