ROMA.- E’ altissima tensione sul Kashmir all’indomani della decisione dell’India di revocare lo statuto speciale alla Regione. Con il Pakistan che si dice pronto a sostenere in ogni modo i “kashmiri”, parlando apertamente anche dell’ipotesi di una nuova guerra.
La decisione di Delhi che, oltre al regime sul Kashmir riguarda anche la separazione dell’area del Ladakh a maggioranza buddista da quella a maggioranza musulmana, è stata bollinata dalla camera bassa del parlamento indiano che ha approvato con larga maggioranza i due provvedimenti dell’esecutivo. Nonostante la questione sia finita davanti all’Alta Corte dopo la presentazione di una petizione di chi, in India, giudica la mossa “incostituzionale”.
A gettare benzina sul fuoco sono arrivate le parole del premier del Pakistan, Imran Khan, che ha avvertito sulle possibili conseguenze della crisi. Fino ad una guerra convenzionale tra i due Paesi, con gravi ripercussioni per il mondo intero. E ha preannunciato che porterà la questione davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
“Temo che possano iniziare la pulizia etnica in Kashmir per spazzare via la popolazione locale”, ha detto Khan durante una sessione del Parlamento pakistano convocata per rispondere alla decisione di Nuova Delhi. “Ci attaccheranno e noi risponderemo, e la guerra potrebbe andare in entrambe le direzioni. Nessuno la vincerà e avrà gravi conseguenze per il mondo intero”.
Il Primo Ministro ha accusato l’India di voler “stabilire uno stato che reprime tutti gli altri gruppi religiosi”.
Parole arrivate poco dopo quelle del generale Asif Ghafoor, portavoce delle forze armate del Pakistan: “L’esercito pachistano ribadisce che appoggerà i kashmiri nella loro battaglia fino alla fine. Siamo pronti e ci spingeremo all’estremo per rispettare i nostri impegni a questo proposito”.
Ma il governo indiano del primo ministro Narendra Modi va dritto per la sua strada. “E’ un momento importante nella nostra democrazia parlamentare, dove sono state approvate le storiche leggi relative a Jammu e Kashmir con un sostegno schiacciante!”, ha scritto il premier indiano su Twitter. “Saluto le mie sorelle e i miei fratelli di Jammu, Kashmir e Ladakh per il loro coraggio e resistenza”, ha aggiunto sottolineando che “Jammu e Kashmir è ora libero dalle catene. Una nuova alba, un domani migliore lo attende!”.
Mentre l’Associazione Buddista del Ladakh ha espresso soddisfazione per i provvedimenti, la Corte Suprema indiana ha già ricevuto da un avvocato una petizione contro la revoca dello statuto speciale del Kashmir, che sostiene che la procedura adottata sul decreto sia illegale.
La crisi ha provocato reazioni a livello internazionale, con l’Unione europea che ha riferito di “monitorare da vicino gli sviluppi” della crisi, spiegando che “è importante evitare un’ulteriore escalation nella Regione”.
E nella già difficilissima partita è intervenuta anche la Cina: l’India dovrebbe “evitare azioni” nel Jammu e Kashmir che potrebbero complicare le questioni nella regione. “L’India ha continuato a minare la sovranità territoriale della Cina modificando unilateralmente la sua legge nazionale”, ha fatto sapere il ministero degli Esteri parlando di una decisione, da parte indiana, “inaccettabile”. Parole che Delhi si è affrettata a rinviare al mittente: “È una questione interna”.
(di Stefano Intreccialagli/ANSA)