L’India revoca statuto speciale al Kashmir, ira Pakistan

soldati indiani
Soldati paramilitari indiani fanno guardia a Srinagar, Kashmir. (Reuters)

NEW DELHI. – Altissima tensione in Kashmir dove il già fragile equilibrio rischia di saltare definitivamente. Il governo indiano ha cancellato con una risoluzione sottoscritta dal presidente della Repubblica, l’Art 370 della Costituzione, che gli concedeva lo statuto speciale. E ha fatto approvare un disegno di legge che dividerà in due il territorio dello stato, trasformandolo da regione autonoma in Unione Territoriale.

Un colpo di mano, che mette lo stato a maggioranza musulmana, nel nord dell’India, interamente sotto il pugno di ferro del governo centrale di Delhi, che ha creato allarme nella comunità internazionale e suscitato l’ira del Pakistan, che dal 1947, anno dell’Indipendenza, contende all’India la sovranità dell’intero territorio.

La dura risposta di Islamabad, infatti, non si è fatta attendere con il ministro degli esteri, Shah Mahmood, che ha rinviato al mittente la decisione, sottolineando che che l’India non può modificare lo status speciale, garantito da risoluzioni del Consiglio dell’ Onu. E ha annunciato che il Pakistan farà di tutto per impediré la revoca.

Per ora a livello “diplomatico” ma un nuovo scontro tra i due paesi asiatici, sulla questione che li vede da sempre contrapposti, non è certo da escludere.

“Il Jamnu e Kashmir occupato dall’India è un territorio conteso, riconosciuto dalla comunità internazionale. Nessun passo unilaterale del governo indiano può cambiarne lo status, così come la popolazione della regione non accetterà mai un tale cambiamento”, ha messo nero su bianco in un un comunicato il ministro pachistano.

Stigmatizzando che “come parte di questa disputa internazionale, il Pakistan farà tutto ciò che è in suo potere per contrastare i passaggi illegali”.

La regione resta intanto isolata da quando, nella notte tra domenica e lunedì, sono state tagliate tutte le comunicazioni, sospeso internet, oscurate le televisioni via cavo.

L’intenzione del governo di Modi di togliere lo statuto speciale al Kashmir era stata anticipata da parte di esponenti del partito al governo, ma nessuno, in India, l’attendeva con queste modalità.

Molti esponenti del Bjp, il partito del premier, hanno festeggiato sostenendo in pieno la mossa: nel presentarla al Parlamento, Shah l’ha giustificata affermando che “non succederà nulla di grave”, e ha aggiunto che “non permetteremo al Kashmir di diventare un altro Kosovo. Non appena nell’area tornerà la normalità la Regione vedrà il necesario sviluppo economico, saranno aperte attività imprenditoriali, sarà possibile avviare scuole private, cliniche ed ospedali, sinora proibiti dai privilegi concessi allo stato”.

Ma in India la decisione, ha scatenato anche turbolente proteste da parte delle opposizioni, che parlano di colpo di stato, e messo in allarme l’intero Paese per la nuova ondata di violenze che rischia di scatenare.

Il governo Modi è arrivato alla decisione in una escalation di scelte che avevano messo in allarme il paese: due settimane fa aveva e inviato 50mila uomini delle forze speciali,  in aggiunta ai 600mila già presenti nel territorio, nel fine settimana scorso ha sospeso il pellegrinaggio annuale di

Anìmarnath e fatto evacuare tutti i ventimila turisti presenti in Kashmir mentre domenica sera ha fatto arrestare, ai  domiciliari, tutti i leader dei partiti democratici, dalla Mufti a Sajdad Lone, a Omar Abdullah erede di una dinastia di politici dello stato, ed ex primo ministro dello Stato.

In Kashmir regna il panico: è stato decretato il coprifuoco a tempo indeterminato, che oggi ha lasciato lo stato attonito, semideserto. E  il peggio, si teme, deve ancora venire.

(di Rita Cenni/ANSA)