Arrestato il boss Domenico Crea, latitante dal 2015

La polizia ha arrestato il latitante Domenico Crea, 37 anni, di Cinquefrondi, capo della cosca di Rizziconi e zone limitrofe, collegata e imparentata con la potente famiglia Alvaro di Sinopoli, 2 agosto 2019. Era ricercato dal 2015 quando fu emessa una misura cautelare per associazione mafiosa e estorsione dopo la condanna in primo grado a 15 anni di reclusione emessa dal Tribunale di Palmi. Da allora Crea Ë stato colpito da numerosi provvedimenti per associazione mafiosa ed estorsione ed Ë stato condannato in via definitiva a 21 anni di reclusione. Crea, il cui nome era inserito nell'elenco dei latitanti pi˘ pericolosi, Ë stato arrestato da personale della Squadra mobile di Reggio Calabria, supportato da personale del Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine e della Squadra mobile di Vibo Valentia. L'uomo Ë stato arrestato a Santa Domenica di Ricadi (Vibo Valentia). ANSA/ UFFICIO STAMPA POLIZIA DI STATO +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++

REGGIO CALABRIA. – Il fratello lo scovarono insieme ad un altro latitante in un bunker in metallo ricavato nel costone di una montagna. Lui, invece, lo hanno pizzicato in una confortevole villa affacciata sul mare della Costa degli dei, a Santa Domenica di Ricadi, una delle più note località turistiche calabresi, nel vibonese.

E’ finita così, all’alba, la latitanza di Domenico Crea, di 37 anni, di Cinquefrondi, ultimo rampollo ancora libero della potente e feroce cosca di ‘ndrangheta egemone sul territorio di Rizziconi, figlio del patriarca della cosca, Teodoro, e fratello di Giuseppe, anche lui arrestato dopo anni di latitanza.

A Domenico Crea, il cui nome era inserito nell’elenco dei ricercati più pericolosi, davano la caccia dal 2015 quando sfuggì all’arresto dopo essere stato condannato a 15 anni di reclusione. Da allora le ordinanze nei suoi confronti si sono susseguite e adesso di anni di carcere ne deve fare 21.

A prenderlo sono stati gli investigatori della Squadra mobile di Reggio Calabria insieme a quelli del Servizio centrale operativo di Roma. Una ricerca intensificata ulteriormente dopo l’arresto del fratello Giuseppe, avvenuto il 29 gennaio 2016. E’ da quella data che, secondo gli inquirenti, Domenico Crea è divenuto a tutti gli effetti il capo dell’omonima cosca.

Al momento dell’arresto, Crea non era armato e non ha opposto resistenza. Era nella villa insieme alla moglie ed alle figlie minorenni. Le indagini adesso mirano a chiarire la posizione dei proprietari della villa. Al latitante, invece, i poliziotti della “mobile” e dello Sco sono giunti con un’indagine “classica”, come ha detto il questore Maurizio Vallone.

Gli investigatori hanno tenuto sotto controllo i familiari e gli amici più stretti di Crea, fino a risalire al suo rifugio. Avuta la certezza, ieri sera, della presenza a Santa Domenica di Ricadi, stamani è scattato il blitz cui hanno partecipato anche gli agenti della “mobile” vibonese. Per gli investigatori, pur nella diversità, tra i “nascondigli” utilizzati dai fratelli Crea c’è comunque “un unico filo conduttore, quello – spiega Francesco Rattà, dirigente della Squadra mobile reggina – di poter esercitare il controllo diretto del suo territorio pur da una condizione di latitanza”.

La cattura di Crea fa anche crollare “irrimediabilmente il mito della invincibilità che la cosca aveva costruito attorno a sé” è stato il commento del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Gaetano Paci. Così come anche un altro pezzo di ‘ndrangheta è crollato stamani sotto i colpi delle forze dell’ordine, quello dei Cordì di Locri.

Carabinieri e Guardia di finanza, coordinati sempre dalla Dda reggina, con 10 fermi hanno inferto un duro colpo al clan che terrorizzava e soggiogava commercianti e imprenditori, imponendo estorsioni e controllando in maniera monopolista l’attività cimiteriale e la consegna e vendita del pane, minacciando chiunque – anche il sindaco di Locri Giovanni Calabrese – osasse tentare di ostacolarli.

(di Alessandro Sgherri/ANSA)

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