Boris Johnson stanzia budget per turbo Brexit, ma è Sos economia

boris johnson
Il primo ministro britannico Boris Johnson. (RPP)

LONDRA. – Il governo di Boris Johnson innesta il turbo verso lo scenario d’una Brexit no deal, sventolato anche e soprattutto come minaccia ai Paesi Ue. Ma il raddoppio degli stanziamenti di emergenza in vista del possibile divorzio senz’accordo da Bruxelles alla scadenza del 31 ottobre, fra poco più di 90 giorni, non cancella le paure per l’economia.

Né le incognite d’una maggioranza parlamentare ormai appesa a un filo per il neopremier Tory, forte sulla carta di appena un voto in più dopo la scontata perdita a favore degli eurofili LibDem del seggio del collegio gallese di Brecon and Radnorshire, rimesso in palio a causa di uno scandalo ereditato dal passato.

L’attivismo del successore di Theresa May, che oggi ha avuto tra l’altro un colloquio telefonico “costruttivo” col presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è l’unico elemento certo di questa calda estate europea. E viene premiato da un sondaggio Ipsos Mori che rilancia il Partito Conservatore come prima forza dell’isola a un 34% di consensi.

Tornato da un tour non privo di contestazioni nelle irrequiete “piccole nazioni” del Regno – Scozia, Galles e Irlanda del Nord – Johnson ha inaugurato il cosiddetto “gabinetto di guerra sulla Brexit”, coordinato da Michael Gove con riunioni da ora quotidiane sino al 31 ottobre: e tanto di orologio digitale consegnato a Downing Street per scandire il countdown.

Mentre il cancelliere dello Scacchiere, Sajid Javid, ha confermato l’accantonamento di un extra Budget annuale da 2,1 miliardi di sterline destinato a portare a 4,2 miliardi la somma disponibile per far fronte, in parte, ai contraccolpi dell’eventuale taglio netto: fra gli obiettivi, quello d’incrementare le scorte di beni essenziali, inclusi farmaci d’importazione, le cui forniture potrebbero risentire di prevedibili intoppi doganali.

Un quadro che l’opposizione laburista denuncia come il frutto della scelta deliberata di sfidare il pericolo della hard Brexit. E come “uno spreco spaventoso” – dice il cancelliere ombra John McDonnell – per un Paese a cui urgono risorse contro “le diseguaglianze sociali”.

A inquietarsi non è del resto solo il Labour. La Bank of England torna pure a far sentire la sua voce in toni allarmati, come stime di crescita ritoccate al ribasso all’1,3% per il 2019 e il 2020, rispettivamente dall’1,5 e dall’1,6.

Ma il governatore Mark Carney non si ferma qui, richiamando apertamente lo spettro di una recessione fra i tre orizzonti futuribili tratteggiati dall’istituto laddove il no deal dovesse davvero diventare realtà.

Oltre a quello di un ulteriore calo della sterlina, già scivolata in questi giorni ai minimi degli ultimi due anni e mezzo, con conseguenze repentine – cambio alla mano – nelle tasche dei turisti britannici in partenza per le vacanze nell’area Ue: Paesi mediterranei in testa.

Dalla Baviera, un monito arriva poi da Harald Kruger, amministratore delegato di Bmw, che nel Regno produce le Mini, ultimo fra i top manager di colossi internazionali dell’auto ad avvertire Johnson sull’ipotesi di tagli e chiusure nel caso diuna hard Brexit realmente hard.

Un incubo che d’altronde rischia di colpire di qua come di là dalla Manica, a prendere per buono il cataclisma prospettato a regime nella variabile dell’opzione no deal da uno studio shock dell’università belga di Lovanio: con oltre mezzo milione di posti di lavoro e 4,4 punti di Pil sotto la spada di Damocle in Gran Bretagna, ma anche con 1,2 milioni di licenziamenti potenziali nei 27 Stati dell’Unione. Di cui 290.000 in Germania, 141.000 in Francia e 139.000 in Italia.

Roba da far tremare un po’ tutti e che peraltro, nella percezione del Boris-pensiero, sembra potersi rivelare un’utile quanto sinistra leva negoziale. Come conferma l’esordio del suo sherpa, David Frost, presentatosi a Bruxelles solo per ripetere che Londra uscirà comunque dal club a fine ottobre.

Anche senza intesa, se l’Ue non accetterà – come finora non accetta – di “depurare” l’accordo di recesso dalla garanzia vincolante del contestatissimo backstop sul confine aperto irlandese.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)

Lascia un commento