Via dall’Italia l’ex diplomatico nordcoreano scomparso

Il diplomatico norcoreano Jo Song-gil
Jo Song-gil (il secondo da destra) in un evento culturale a San Pietro di Feletto (TV) Italia.,nel maggio 2018..(AP)

ROMA. – A nove mesi dalla sua scomparsa, l’ex incaricato d’affari della Corea del Nord a Roma Jo Song-gil ha lasciato l’Italia ed è sotto protezione. L’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap cita fonti di intelligence di Seul per aprire qualche squarcio nel mistero che avvolge dal novembre scorso la sorte del diplomatico e di sua moglie Ri Kwan Sun, che hanno abbandonato l’ambasciata di viale dell’Esperanto ai primi di novembre per sparire nel nulla.

“Ha lasciato l’Italia ed è protetto da qualche parte”, ha dichiarato Lee Eun-jae, esponente del partito di opposizione sudcoreano Liberty Korea, dopo un incontro a porte chiuse con il direttore del Servizio di intelligence nazionale, Suh Hoon.

Nessuna indicazione, ovviamente, su dove si trovi e sotto la protezione di chi, anche se il Paese che gli ha concesso l’asilo potrebbe essere proprio la Corea del Sud, come gli aveva suggerito un altro illustre disertore.In una lettera-appello, l’ex vice ambasciatore nordcoreano a Londra Thae Yong-ho, che defezionò nel 2016, aveva invitato il collega a chiedere asilo non negli Usa ma a Seul per lavorare insieme alla riunificazione delle due Coree.

La scomparsa improvvisa di Jo Song-gil e di sua moglie, di cui si è appreso solo ai primi di gennaio, aveva sollevato un polverone diplomatico e l’ira del leader nordcoreano Kim Jong-un – che aveva rimosso alcuni funzionari – anche perché i due avevano abbandonato in ambasciata la figlia diciassettenne Jo Yu Jong che, pochi giorni dopo, era rimpatriata secondo modalità non chiare.

Una prima ricostruzione ha parlato di un blitz degli 007 nordcoreani a Roma per riportare la ragazza in patria. Secondo un’altra versione, quella del successore a Roma del diplomatico in fuga, Kim Chon, la minorenne è stata riaccompagnata da personale dell’ambasciata su sua richiesta a Pyongyang, a casa dei nonni, e sottoposta a non meglio precisate cure mediche a causa delle sue condizioni mentali.

E’ stato anche evocato un nuovo caso Shalabayeva: il rimpatrio forzato della moglie di un dissidente kazako che aveva fatto finire sulla graticola il Viminale dei tempi di Alfano. Ma la presunta “missione” in Italia dei servizi nordcoreani è rimasta anch’essa avvolta dal mistero.

A febbraio, quando è stata diffusa la notizia del rimpatrio, Matteo Salvini ha detto di non saperne nulla e la Farnesina ha riferito di essere stata semplicemente informata della defezione del diplomatico e della partenza della figlia.

Si è però saputo che in campo era entrata anche l’intelligence italiana, con l’interessamento del Copasir che aveva seguito con attenzione la vicenda.

In base alla ricostruzione di quei giorni, sia l’ambasciatore Jo sia la moglie, una volta stabilito il “contatto” con i nostri 007, sono stati stati messi a conoscenza dei rischi che poteva correre la ragazza alla luce delle loro scelte e poi posti sotto la protezione dell’intelligence italiana, che potrebbe essersi coordinata con altri Paesi. La spy story rimane aperta.

(di Eloisa Gallinaro)/ANSA)