Carabiniere ucciso: dubbi e lacune, le tante versioni della ricostruzione

I funerali di Mario Cerciello Rega, il carabiniere ucciso a Roma, nella chiesa di Santa Croce a Somma Vesuviana (Napoli)
I funerali di Mario Cerciello Rega, il carabiniere ucciso a Roma, nella chiesa di Santa Croce a Somma Vesuviana (Napoli), 29 luglio 2019. ANSA/UFFICIO STAMPA CARABINIERI

ROMA. – Il precedente intervento a Trastevere, l’identikit degli aggressori, la mancata reazione durante l’accoltellamento, il ruolo dell’uomo derubato. Sono state diverse in questi giorni le versioni circolate sulla notte in cui è stato ucciso il vice brigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, ferito a morte con 11 coltellate. Tra i primi nodi quello sull’identità dei due aggressori.

Fin dalle prime ore di venerdì, quando si diffuse la notizia dell’uccisione del carabiniere, si ipotizzò che fossero nordafricani. Un dettaglio contenuto anche in un comunicato stampa dei carabinieri in cui si indicò come responsabile dell’accoltellamento “probabilmente un cittadino africano”. Del resto anche nell’alert diramato alle forze dell’ordine i due uomini in fuga furono indicati come due magrebini.

Un “equivoco” lo ha definito il comandante provinciale dei carabinieri, il generale Francesco Gargaro, spiegando: “L’indicazione dei magrebini c’è stata data subito dopo l’omicidio” dall’uomo derubato dello zaino. “Poi la sera successiva in caserma, davanti alle evidenze, ha ammesso che erano americani. All’inizio ha mentito perché aveva paura. Non voleva essere associato al fatto”.

Nella ricostruzione di Sergio B. riportata nell’ordinanza con cui il gip di Roma ha stabilito il carcere per i due ragazzi californiani l’uomo fornirebbe un identikit degli aggressori diverso e rispondente alla realtà dei fatti in cui avrebbe spiegato: “Entrambi avevano un accento inglese, credo americano”.

Altro aspetto riguarda gli istanti dell’omicidio. Mario Cerciello Rega e Andrea Varriale “sono stati aggrediti immediatamente” dai due giovani americani: “non c’è stata possibilità di usare armi, di reagire” ha sottolineato il generale Gargaro. Il vice brigadiere quella notte però non portava con sé la pistola di servizio, “Cerciello aveva dimenticato l’arma – osserva Gargaro, ma ciò non toglie che non aveva alcuna possibilità di reagire”.

In zona in quel momento – secondo la ricostruzione dei carabinieri – c’erano anche quattro pattuglie, che non dovevano essere visibili per non pregiudicare l’operazione, e che sono intervenute pochi minuti dopo l’allarme. Un altro punto riguarda la presenza di Cerciello e del collega Andrea Varriale a Trastevere un’ora prima dell’operazione finita in tragedia. I due erano in servizio in borghese e intorno all’una avevano raggiunto quattro colleghi, liberi dal servizio, che avrebbero assistito alle fasi in cui i ragazzi cercavano di acquistare la droga.

I carabinieri avvicinarono una persona mentre raccoglieva da terra qualcosa, a suo dire Bentelan, che poi fuggì. Si trattava proprio di Gabriel Christian Natale. In quella circostanza fu identificato anche Sergio B. che raccontò di essere stato derubato e così invitato a sporgere denuncia in qualsiasi ufficio di polizia. E il ruolo di Sergio B. è risultato ambiguo fin dai primi momenti.

Inizialmente indicato come vittima è poi risultato un personaggio che lambisce gli ambienti della criminalità tanto da conoscere i pusher ma che non ha timore a contattare i carabinieri per chiedere aiuto. Mezz’ora dopo contattò il 112 per segnalare lo stesso furto e aggiungendo di aver ricevuto una richiesta di 80-100 euro per riaverlo. Così scattò l’operazione in cui è morto il vicebrigadiere.

Da chiarire anche la provenienza del coltello ‘modello marines’ usato per colpire Cerciello e come sia arrivato dagli Stati Uniti fino a Roma.

(di Chiara Acampora/ANSA)

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