Di Maio attacca Agcom: “Su spot giochi regole annacquate”

Una persona giocando con le slot - machine. Giochi
Una persona giocando con le slot-machine.

ROMA. – Una “porcheria”, regole “annacquate” che svuotano la norma, qualcosa che va fermato “in tutti i modi”. Il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio se la prende senza mezzi termini con le linee guida sul divieto di pubblicità del gioco d’azzardo, previsto dal decreto Dignità, varate dall’Agcom e invita i consiglieri, per altro appena scaduti, a dimettersi.

La replica del presidente Angelo Marcello Cardani non si fa attendere: Di Maio “insulta” un “organismo che è indipendente innanzi tutto dal potere politico”, invece di “confrontarsi nel merito”. Lo scontro istituzionale si consuma sull’articolo 9 del decreto Dignità, che prevedeva il divieto di “qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro” assegnando all’Autorità il compito di predisporre un regolamento per l’applicazione pratica delle norme a partire dal 10 agosto prossimo.

L’Autorità, a valle di una serie di audizioni e dopo aver ricevuto molti contributi su un questionario appositamente messo a punto, lo scorso 18 aprile ha concluso il lavoro, prevedendo alcune “esclusioni” dal divieto che sono forse quelle criticate da Di Maio. In due diversi interventi su Facebook il ministro si è così scagliato contro l’Agcom che “ha talmente annacquato il divieto che sta praticamente dicendo a tutte quelle famiglie: sì, il ministro ha vietato la pubblicità, ma noi la rimettiamo, in modo che tuo figlio giochi ancora, e ancora”.

Si tratta, ha rincarato la dose senza però spiegare quali sono nello specifico i punti contestati, di “regole che vanno contro la legge e permettono ai concessionari del gioco d’azzardo di fare ancora pubblicità e di stipulare nuovi contratti di pubblicità”. Insomma, “una porcheria” che “va fermata in un modo o in un altro”, quindi con “un ricorso al Tar o con un decreto legge”. Quanto a “questi che hanno deliberato queste linee guida”, che sono in scadenza, “dovrebbero comunque dimettersi per dare un segnale”.

L’Agcom, ha reagito Cardani, è “un organismo indipendente, innanzitutto dal potere politico, dotato di propria autonomia decisionale, e non può essere considerato un ufficio di diretta collaborazione di un ministro”. Quindi “prima di insultare Di Maio avrebbe dovuto confrontarsi nel merito ed eventualmente collaborare nell’interpretazione dei contenuti della legge”, anche considerando “le difficoltà di coordinamento che impediscono una piena applicazione del divieto di pubblicità nel settore”.

Quanto alla richiesta di dimissioni Cardani ricorda che “il Consiglio è scaduto il 24 luglio” e agisce in prorogatio in attesa delle nuove nomine che, è la stoccata finale, tardano ad arrivare per “l’inazione del Parlamento e del governo”.

(di Francesca Paggio/ANSA)

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