Tensione M5s sulla Tav, il 7 agosto voto su mozione per il no

Membri del movimento NO TAV durante la marcia a Val di Susa.
Membri del movimento NO TAV durante la marcia a Val di Susa. ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

ROMA. – Al Senato, probabilmente il 7 agosto, il Movimento 5 stelle dirà No alla Tav. Voterà contro l’opera anche Danilo Toninelli, dal cui ministero è partito la lettera con cui il governo si impegna invece a concludere i lavori. L’esito è già scritto: vincerà il Sì, la Tav si farà. Ma la mozione depositata venerdì dai pentastellati a Palazzo Madama è il modo per evitare che la Torino-Lione sia la mina in grado di far saltare il gruppo pentastellato e lo stesso governo.

Nella serata di venerdì, mentre al Senato i pentastellati presentavano la loro mozione anti-Tav, dal ministero delle Infrastrutture guidato da Toninelli partiva la lettera alla Ue in cui il governo assicura la prosecuzione dell’opera. Un documento tecnico, non firmato dal ministero, ma con un richiamo alle parole del premier Giuseppe Conte sull’interesse “nazionale” e il dato secondo cui “non realizzare l’opera costerebbe molto più che completarla”.

La lettera, sostengono le opposizioni, dovrebbe spingere Toninelli a dimettersi ma il ministro per ora non sembra avere intenzione di farlo. Voterà No all’opera con gli altri senatori M5s. Ma non è detto che lasci neanche dopo aver votato contro la scelta del suo ministero.

La sconfitta della mozione M5s per il No, che ha in testa le firme del capogruppo Patuanelli e di senatori No Tav come Alberto Airola, è scontata: voteranno Sì Lega, Pd, Fi, Fdi. Ma la scelta di impegnare il Parlamento (non il governo) a bloccare l’opera dovrebbe tenere al riparo l’esecutivo. Che il Parlamento sia “sovrano” lo ha detto anche Beppe Grillo.

La mozione viene annunciata nel giorno della protesta No Tav a Chiomonte, per professare la linea del No e contenere il danno. Ma i No Tav attaccano il Movimento non sembra in grado di far rientrare la rabbia dei No Tav che, con il leader Alberto Perino, li accusano di aver “calato le braghe” e averli “venduti”. Sulle barricate del dissenso salgono anche Nicola Morra, che smonta gli argomenti usati da Conte per motivare il Sì all’opera (i finanziamenti europei – spiega – sono solo una promessa e non c’è penale per lo stop ai lavori), e Alessandro Di Battista.

“Non ho mai aderito al partito delle Grandi opere”, scrive Morra. Ma dal M5s sostengono che il messaggio è contro Conte, non Di Maio. “Queste battaglie dobbiamo combatterle fino alla fine”, afferma Morra rilanciando il No del vicepremier. Ma una valanga di messaggi di protesta tracima sul web: “M5s per coerenza col No dovrebbe aprire la crisi di governo”, è la tesi.

Nel governo sulla Tav si litiga, ma non fino alla rottura. Di Maio sostiene che il Sì è “un regalo a Macron”. E la Lega ribatte che il vero regalo a Macron lo ha fatto M5s con il Pd votando la presidente della Commissione Ue “voluta da Parigi e Berlino”. Salvini, però, va al sodo: “La Tav si farà, indietro non si torna”, dichiara. E già prepara le prossime richieste agli alleati di governo, dal Sì alla Gronda, bloccata da Toninelli, fino alla richiesta di fare a ogni costo la flat tax.

A preoccupare sono per ora gli effetti indiretti delle fibrillazioni pentastellate sulla Tav, come il rischio che una decina di senatori M5s si oppongano al decreto sicurezza bis mettendolo a rischio. Ma in soccorso del decreto salviniano, sono persuasi i leghisti, verrà il partito del non voto. E’ quel fronte – spiegano – di M5s, Fi e Pd che potrebbe spingersi a sostenere un governo del presidente per fare la legge di bilancio, se la Lega facesse saltare il banco.

Salvini avverte il ministro Giovanni Tria e gli alleati che bloccare la flat tax porterebbe alle elezioni. E nel governo già è alta tensione sulla prossima manovra. Tanto che quando il M5s lancia la tassa unica per accorpare diverse tasse locali e poterle ridurre, il leghista Massimo Bitonci ricorda che unire Tasi e Imu è una sua idea.

Per accontentare sia M5s che Lega, la manovra dovrebbe essere fatta in deficit, sfidando l’Ue e i mercati. Ma se ne parlerà a settembre, quando si conosceranno i numeri del Def e i nomi della commissione Ue. E’ in alto mare la scelta del commissario italiano: Salvini starebbe cercando il nome giusto (si cita anche Tremonti), consapevole che un leghista rischia di non passare.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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