Mueller: “Possibile incriminare Trump a fine mandato”

L'ex procuratore speciale del Russiagate Robert Mueller durante il suo intervento al Congresso Usa.
L'ex procuratore speciale del Russiagate Robert Mueller durante il suo intervento al Congresso Usa. (ANSA)

WASHINGTON. – “Il mio rapporto non discolpa totalmente Donald Trump sull’ostruzione della giustizia”. Con queste parole l’ex procuratore speciale del Russiagate Robert Mueller ha rievocato lo spettro dell’impeachment per il tycoon nella sua testimonianza di oltre cinque ore al Congresso, dove i democratici lo hanno convocato davanti alle commissione giustizia e intelligence della Camera per chiarire le conclusioni delle sue indagini sul presidente. Sottolineando anche che il tycoon potrebbe comunque essere incriminato dopo la fine del suo mandato alla Casa Bianca.

Una deposizione fiume, per la quale l’America si è fermata come per il super Bowl, incollata alla tv. Trump aveva giurato che non l’avrebbe vista, ma appare evidente che l’ha seguita sul suo canale preferito, la Fox, sfogando la sua ira su Twitter.

Ex capo dell’Fbi con George W. Bush e Barack Obama, ex marine eroe di guerra in Vietnam, di fede repubblicana, il 74enne Mueller si è presentato puntuale a Capitol Hill con la sua fama di duro, puro e soprattutto di poche parole. Impassibile, freddo, rispettoso, paziente, a volte sulla difensiva, ha risposto spesso a monosillabi (‘si’, no’) in un interrogatorio a colpi di citazioni del suo rapporto (cui ha rimandato spesso) più ad uso e consumo degli spettatori-elettori che dei parlamentari: con i democratici a valorizzare i passaggi accusatori, i repubblicani a tentare di screditare le origini del Russiagate e l’indipendenza del magistrato.

Mueller ha esordito ricordando le oltre 30 incriminazioni nelle indagini, tra cui dodici 007 russi, e ribadendo che “il governo di Mosca ha interferito nelle nostre elezioni in modo ampio e sistematico”, convinto di “trarre beneficio dall’elezione di uno dei due candidati: Trump”. Questo mentre da Mosca il vice ministro degli esteri Serghiei Riabkov si ostinava a negare interferenze passate e future.

Poi Mueller ha ammesso che nell’inchiesta non sono state trovate prove sufficienti di una cospirazione della campagna di Trump con Mosca, sottolineando però che cospirazione e collusione non sono sinonimi e che le indagini “non hanno affrontato la collusione, che non è un termine legale”, contraddicendo così quanto sostenuto dal presidente.

Quindi si è lasciato scappare due frasi che potrebbero riaprire lo scenario di un impeachment. Incalzato dal presidente della commissione giustizia Jerry Nadler, che gli chiedeva se il suo rapporto “esonerava totalmente” il presidente dall’ostruzione della giustizia, l’ex superprocuratore ha risposto secco: “non è quello che dice il rapporto”.

Mueller ha ricordato che sono state individuate 10 potenziali istanze di ostruzione della giustizia, ma che “in base alle linee guida del ministero della giustizia (che impediscono di incriminare un presidente in carica, ndr), abbiamo deciso di non prendere una decisione se il presidente ha commesso un crimine”. Ma, a domanda, ha risposto che Trump “potrebbe essere incriminato dopo il suo mandato” dal ministero della giustizia.

Il Congresso però ha i poteri per farlo anche ora, con la messa in stato d’accusa. E, dopo la deposizione di Mueller, pare inevitabile che si riaccenda il dibattito sull’impeachment, che finora ha diviso i democratici, con la leadership a frenare nel timore di un boomerang politico, come successe con Bill Clinton. Del resto l’ex procuratore speciale ha ribadito in aula che il presidente tentò di proteggere sé stesso chiedendo allo staff di falsificare documenti rilevanti per le indagini, comprese le pressioni sull’allora avvocato della Casa Bianca Donald McGahn, cui aveva già chiesto di far silurare lo stesso Mueller.

L’ex super magistrato ha smentito anche l’affermazione di Trump secondo cui gli aveva respinto la richiesta di tornare a fare il capo dell’Fbi, rifiuto che sarebbe stato un conflitto di interesse nelle indagini. Mueller ha sostenuto che parlò dell’ incarico “ma non come candidato”.

A ‘Donald’ non è rimasto che scaricare la sua rabbia su Twitter, attaccando Mueller, i democratici e “la più grande caccia alle streghe nella storia Usa”, mentre la Casa Bianca ha bollato l’audizione come “un imbarazzo epico per i democratici”.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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