Morto l’ex premier Li Peng, “il macellaio di Tienanmen”

Li Peng, il macellaio di Tiennamen
Li Peng, l'ex primo ministro del governo cinese che diresse la strage di Tiennamen il 4 giugno del 1989 (Asia News)

ROMA. – A 90 anni è morto a Pechino Li Peng, regista – trent’anni fa – del massacro del 4 giugno del 1989 che gli valse il poco lusinghiero soprannome di “macellaio di Tienanmen”.

Fu lui, allora primo ministro del Governo cinese, guidato e appoggiato da Deng Xiaoping, presidente della Commissione militare centrale e leader de facto della Cina, il burattinaio di quella strage costata la vita a migliaia di cinesi e rimasta impressa in modo indelebile nella memoria collettiva grazie anche allo scatto che immortala quel ribelle ignoto in maniche di camicia che, inerme e fermo in mezzo alla strada, si opone con la sua sola presenza a una colonna di carri armati dell’Esercito di Liberazione Popolare intenzionata a raggiungere piazza Tienanmen occupata da migliaia di giovani.

Porta la firma di Li Peng il piano per dare il via libera alla repressione armata e l’ordine ai cingolati di farsi strada tra le oltre 100mila persone barricatesi in Piazza Tienamnen e nelle strade di tutta Pechino in nome della libertà.

In un manoscritto fatto pervenire nel 2010 attraverso un intermediario a Bao Pu, un editore di Hong Kong legato all’ala riformista del Partito Comunista Cinese, Li Peng fece un goffo tentativo di scaricare le colpe di allora su Deng, accusandolo di “aver sostenuto risolutamente” l’intervento militare nella sanguinosa repressione.

Al tempo stesso, Li Peng sostenne di aver approvato l’uso della forza perché il movimento era “sfuggito di mano” e rischiava di ripetere gli orrori della Rivoluzione Culturale.

Fu la prima volta che Li Peng ruppe il silenzio in pubblico su quella stagione da quando nel 2002 fu costretto ad abbandonare tutte le cariche pubbliche e a far largo alla nuova generazione di dirigenti proprio in ottemperanza al volere espresso da Deng Xiaoping poco prima della sua morte, nel febbraio del 1997.

Responsabilità personali a parte, indelebile resta nell’opinione pubblica la macchia di quei giorni. Ed è per questo che oggi – a distanza di tre decenni – danno da pensare le parole di condanna netta che i vertici di Pechino hanno nei confronti delle migliaia di cittadini di Hong Kong che da settimane scendono in piazza per protestare contro la legge sulle estradizioni verso la Cina e per chiedere nuove elezioni e un’indagine indipendente sui metodi che la polizia ha utilizzato per reprimere le manifestazioni delle settimane scorse.

Dopo Tiananmen per quasi tutti gli anni ’90 Li Peng è rimasto premier e numero due del Partito comunista.