Petroliera degli Emirati scortata in porto iraniano

petroliera emiratina
La petroliera emiratina Riah (Tgcom24)

ISTANBUL. – Nuove tensioni nello stretto di Hormuz, il cruciale passaggio per il commercio petrolífero all’imboccatura del Golfo Persico che è da mesi al centro del braccio di ferro tra Iran e Stati Uniti. Dopo ore di silenzio, Teheran ha confermato di aver rimorchiato in un suo porto la petroliera Riah, battente bandiera panamense ma di proprietà degli Emirati Arabi Uniti, che da sabato notte aveva spento il transponder, facendo così perdere le sue tracce.

Un’operazione che secondo la Repubblica islamica è stata condotta a seguito di una richiesta di soccorso del cargo, che sarebbe stato in avaria. La petroliera, lunga 58 metri, era partita da Dubai e Sharjah, sulla costa occidentale degli Emirati, ed era diretta a Fujaira, su quella orientale, dall’altro lato dello stretto di Hormuz.

“Secondo la legge internazionale, le forze iraniane si sono avvicinate” e “con l’aiuto di un rimorchiatore, l’hanno portata nelle acque iraniane per effettuare le riparazioni necessarie”, ha spiegato il portavoce del ministero degli Esteri, Abbas Mousavi. Ma fonti emiratine sostengono di non aver ricevuto alcun allarme prima di perdere i contatti con la nave.

Le autorità di Teheran hanno promesso ulteriori chiarimenti nelle prossime ore. Fonti della Difesa americana “sospettano” però che l’Iran abbia sequestrato la nave.

Secondo funzionari del Pentagono, al momento dell’ultimo contatto la nave si trovava in acque iraniane vicino all’isola di Qeshm, al largo del porto meridionale di Bandar Abbas, che ospita un’importante base dei Pasdaran.

“Sospettiamo che sia stata presa. Potrebbe essere stata in avaria e rimorchiata per essere soccorsa? È una possibilità – ha detto la fonte della Difesa Usa – ma se il silenzio dovesse protrarsi, ci sarà di che preoccuparsi”.

Accuse che giungono all’indomani delle minacce di rappresaglie lanciate dalla Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, per il sequestro da parte della Gran Bretagna della petroliera iraniana Grace 1 a Gibilterra, definito un atto di “pirateria”.

Torna così ad aleggiare l’ombra di uno scontro navale alle porte del Golfo. Negli ultimi due mesi, sono sei le petroliere e i cargo rimasti danneggiati in attacchi e sabotaggi tuttora avvolti nel mistero. Teheran ha sempre respinto le accuse di Washington e dei suoi alleati di esserne responsabile, né sono state fornite prove inequivocabili del suo coinvolgimento.

Intanto, prosegue anche lo scontro diplomatico. Dalla sua visita all’Onu a New York, il ministro degli Esteri della Repubblica islamica, Mohammad Javad Zarif, ha corretto il tiro dopo che le sue parole in un’intervista alla Nbc erano state interpretate come un’apertura a negoziati sul programma di missili balistici in cambio di uno stop alla vendita di armi Usa ai suoi alleati in Medio Oriente, Arabia Saudita in testa.

Per Teheran, la capacità di difesa resta la “linea rossa”. “Invece di evitare la questione – ha scritto il diplomatico su Twitter – gli Stati Uniti devono porre fine alla vendita di armi alle reincarnazioni di Saddam”.

(di Cristoforo Spinella/ANSA)