Le deputate del Partito Democratico sfidano Trump: “Sta con i suprematisti”

Le deputate dem della "squad"
Le deputate democratiche , membri della "squad":" Rashida Tlaib (L), Ilhan Omar (C-L), Alexandria Ocasio-Cortez (C-R), and Ayanna Pressley in conferenza stampa al Campidoglio a Eashington EPA/JIM LO SCALZO

WASHINGTON.  – “Con i suoi tweet razzisti e xenofobi promuove l’agenda dei nazionalisti bianchi”. “Non sa come difendere le sue politiche, quindi ci attacca personalmente”. “Questo Paese appartiene a tutti e lo amiamo”. Non si sono fatte intimidire Alexandria Ocasio-Cortez, Ilhan Omar, Ayanna Pressley e Rashida Tlaib, le quattro deputate democratiche progressiste e di colore che Donald Trump ha invitato a tornare “nei posti corrotti e infestati dal crimine da cui sono venute”, ignorando forse che tre di loro sono nate negli Usa e una ci vive da 10 anni.

La “squad”, come si sono ribattezzate, si è presentata insieme davanti ai microfoni e ha sfidato il presidente, replicando duramente, alla vigilia di una mozione di condanna presentata dalla speaker della Camera Nancy Pelosi e che sarà votata nelle prossime ore.

“Siamo più di quattro, la nostra squadra è grande e include ogni persona che vuole costruire un mondo più equo e più giusto. Non staremo zitte”, ha detto la Presskey, la prima a prendere la parola.

“Gli attacchi razzisti di Trump sono l’agenda dei  nazionalisti bianchi”, le ha fatto eco la collega Omar, che ha parlato indossando il copricapo musulmano. “Non ci faremo distrarre dal disprezzo della Costituzione di questo presidente”, ha aggiunto la Tlaib, rinnovando l’appello a destituire il tycoon.

“Questo Paese appartiene a tutti, noi amiamo questo Paese e la gente di questo Paese”, ha incalzato la Ocasio-Cortez, accusando il presidente di agire “in totale cattiva fede” e di “contestare la nostra lealtà al Paese solo perché non sa come sfidare le nostre proposte per un Paese migliore e non può guardare un bambino in faccia per spiegargli perché lo mettiamo in gabbia”.

La Ocasio-Cortez ha poi rincarato su Twitter: “Donald Trump ha deciso che non vuole essere il presidente degli Stati Uniti. Non vuole essere il presidente di quelli che dissentono. E preferisce vedere la maggior parte degli americani andarsene piuttosto che gestire la venerata tradizione del dissenso della nostra Nazione. Ma non lasceremo le cose che amiamo”.

Ma il tycoon, fedele alla sua strategia di alimentare le polemiche da lui stesso create, continua i suoi attacchi via Twitter. “Le deputate democratiche hanno vomitato alcune delle cose più vili, odiose e disgustose mai dette da un politico alla Camera o al Senato, e ancora hanno un pass gratuito e un grande abbraccio dal partito democratico”, ha scritto, accusandole di essere contro Israele e gli Usa e pro terrorismo.

“Il nostro Paese è libero, bello e di gran successo. Se lo odi o non sei felice di stare qui, puoi andartene”, ha ripetuto.

Poi si è difeso e ha lanciato un monito al suo partito: “quei tweet non erano razzisti. Non ho un osso razzista nel mio corpo! Il cosiddetto voto e’ una truffa democratica. I repubblicani non dovrebbero mostrare ‘debolezza’ e cadere nella loro trappola. Questo dovrebbe essere un voto sul linguaggio osceno, sulle dichiarazioni e le bugie delle deputate democratiche che odiano il nostro Paese”, ha aggiunto.

“Nancy Pelosi ha tentato di allontanarle ma ora sono per sempre sposate con il partito democratico. Ci vediamo nel 2020!”, ha quindi affermato.

Se voleva dividere i democratici non ci è riuscito, ma li ha uniti schiacciandoli sulle posizioni più estreme, in modo da poterli dipingere tutti come socialisti nella campagna elettorale.

Resta però il boomerang della risoluzione della Camera, che “condanna fortemente i commenti razzisti del presidente” e i suoi tweet che “hanno legittimato e aumentato la paura e l’odio verso i nuovi americani e le persone di colore”.

Nel testo è citato anche un discorso in cui l’ex presidente repubblicano Donald Reagan sosteneva che l’America trae la sua forza “da ogni Paese e da ogni angolo del mondo” e se gli Usa chiudessero le porte agli immigranti “la nostra leadership nel mondo sarebbe presto perduta”. Un passaggio che metterà in difficoltà il Grand Old Party, dove molti esponenti stanno prendendo timidamente le distanze dagli attacchi di Trump.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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