Tregua sui dazi fra Trump e Xi, ripartono i negoziati

Il logo della China's Huawei Technologies Co di fronte all'ambasciata Usa a Kuala Lumpur.
Il logo della China's Huawei Technologies Co di fronte all'ambasciata Usa a Kuala Lumpur. EPA/FAZRY ISMAIL

PECHINO. – Stati Uniti e Cina siglano la seconda tregua in sette mesi nella loro guerra commerciale e si impegnano a riprendere i negoziati. Mentre la minaccia americana di nuovi dazi sull’import made in China viene congelata: i punti certi dell’atteso summit tra i presidenti Donald Trump e Xi Jinping a margine del G20 di Osaka finiscono qui.

Il tycoon si è presentato in conferenza stampa dopo l’invito rivolto di prima mattina via Twitter al leader nordcoreano Kim Jong-un ad incontrarsi al confine della zona demilitarizzata (Dmz) durante la visita in Corea del Sud: “Lo incontrerei anche solo per stringergli la mano e salutarlo”. Nel primo pomeriggio, invece, ha definito “molto buono”, anzi “eccellente” il vertice con Xi, visto che i negoziati sono “tornati in carreggiata”.

Di fronte a grandi aspettative, Trump ha spiegato alla sala affollata di giornalisti che “per il momento non alzeremo i dazi sulla Cina. Lavoreremo con loro, negozieremo e inizieranno a spendere soldi, molti soldi, per prodotti agricoli e cibo americani. Lo faranno quasi subito, già durante i negoziati”. Riferimenti generici ai quali i media cinesi hanno risposto quasi contestualmente parlando di cessate il fuoco e dell’avvio dei colloqui su indefiniti temi “specifici” con pari dignità.

La sorpresa è maturata poi sul nodo Huawei: potrà tornare ad acquistare i prodotti dai fornitori americani, in quella che è apparsa una concessione della Casa Bianca. “Le compagnie Usa possono vendere attrezzature a Huawei lì dove non ci sono grandi problemi con la sicurezza nazionale”, ha detto Trump che, incalzato dalle domande, è stato sempre più evasivo. “Abbiamo discusso di molte cose, di Huawei. Una cosa che consentirò, e che sorprenderà molte persone, è che vendiamo a Huawei un ammontare enorme di parti utili per i prodotti che fanno”.

La rimozione della compagnia dalla lista nera del commercio Usa, coi gravi problemi sulla sicurezza nazionale segnalati da intelligence e dipartimento di Giustizia, sarà però decisa solo “verso la fine” dei colloqui. Xi, del resto, s’è presentato a Osaka facendo filtrare che Huawei, centrale nelle strategie di sviluppo di Pechino, avrebbe dovuto beneficiare di un allentamento delle pressioni Usa. “Ovviamente noi saremmo felici” se le parole di Trump “fossero messe in atto”, ha commentato in un briefing Wang Xiaolong, inviato speciale cinese per gli Affari del G20.

Il capitolo Pyongyang, nonostante lo stallo negoziale sulla denuclearizzazione, ha avuto grande risalto: “Non so se Kim ci sarà, io domani andrò alla Dmz. Vediamo cosa succede. Se c’è gli stringo la mano”, ha detto il tycoon assicurando che si sentirebbe perfettamente a suo agio se Kim gli chiedesse di attraversare con lui il confine ed entrare in Corea del Nord. La vice ministro degli Esteri nordcoreana Choe Son Hui gli ha risposto che la proposta è “molto interessante”, e aiuterebbe a rafforzare i legami tra i due leader.

Il G20, in questo vertice di Osaka, ha messo in scena una paradossale prova di unità: tutti contro l’America. Il comunicato ha infatti messo nero su bianco la profonda divisione sul commercio e sui cambiamenti climatici (un accordo ’19+1′, come al G20 di Buenos Aires). Dopo due giorni di discussioni, i leader delle più grandi economie del pianeta hanno avvertito che si sono intensificate le tensioni geopolitiche e sul commercio, con i relativi rischi per l’economia globale.

L’elaborazione del comunicato, se si esclude il via libera al bando sulla plastica al 2050, ha dimostrato che il G20 sta migliorando la gestione della sfida dirompente di Trump, ma al prezzo di accordi deboli.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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