Sfida tra Europa e Cina per la guida della Fao

La sede della Fao a Roma.
La sede della Fao a Roma.

ROMA. – Alla vigilia del voto del weekend per l’elezione del nuovo direttore generale della Fao, la partita tra i tre candidati – la francese Catherine Geslain-Lanéelle, il cinese Qu Dongyu e il georgiano Davit Kirvalize – non è ancora chiusa. E anche se gli schieramenti sono in linea di massima definiti, su ciascuno pesa l’incognita di una sfida tra Europa e Cina che fatica a trovare la quadra, nonostante mesi di faticosa campagna acquisti da parte delle cancellerie più influenti.

Buio fitto anche sulla scelta dell’Italia che dovrebbe essere annunciata solo a ridosso del voto. Una forma di correttezza – rilevano fonti Fao – da parte del Paese che ospita l’Agenzia delle Nazioni Unite e di cui sono ovviamente informati francesi, cinesi e georgiani, ma anche una decisione tutta politica che deve evitare attriti con gli Stati Uniti, con la stessa Unione europea ma anche con la Cina.

Mai come in questo mandato, che durerà fino al 2023, il successore del brasiliano José Graziano da Silva sarà protagonista di un’azione che va oltre la vocazione agricola della Food and Agriculture Organization per abbracciare idee di sviluppo e strategie assai diverse tra loro a seconda di chi vincerà. E l’Italia, Paese Ue che che per primo ha scelto di diventare partner privilegiato della nuova Via della Seta di Xi Jinping, è nella difficile posizione di non dispiacere a nessuno.

La francese, prima donna in corsa per la direzione della Fao, è la candidata dell’Europa che avrebbe suscitato qualche fastidio con la sua promessa agli Usa – ha scritto il Guardian – “che non difenderà la posizione dell’Unione, contraria alla diffusione globale degli organismi geneticamente modificati (Ogm)”.

Nel tentativo di guadagnare il sostegno americano – ha notato il quotidiano britannico citando un documento riservato che ha avuto modo di vedere – Geslain-Lanéelle ha promesso in un meeting con funzionari dell’amministrazione, a Washington il 15 maggio, che sotto la sua leadership la Fao sarà più aperta agli interessi americani riguardo all’accettazione degli Ogm.

Una ricostruzione smentita all’ANSA dalla stessa candidata, secondo la quale la sua posizione è stata riportata in maniera parziale ed è espressione di “una manovra non riuscita per spaccare il fronte europeo” che, invece, “è compatto” dietro di lei.

Il candidato cinese, vice ministro per l’Agricoltura e gli Affari rurali, è l’uomo giusto per dare una spinta ulteriore alla penetrazione di Pechino, già ampiamente consolidata, in molte aree in via di sviluppo e soprattutto in Africa. E’ grazie a questa strategia, e al grande business della Via della Seta che coinvolge un numero consistente di questi e altri Paesi, che la Cina si aspetta di avere i voti della maggioranza dei membri della Fao e forse una qualche sponda in Europa. E non certo in Francia.

Il terzo incomodo, l’ex ministro dell’Agricoltura georgiano Davit Kirvalidze, è convinto di avere dalla sua parte gli Usa, come ha dichiarato in un’intervista a La Stampa. Ma nella sua campagna elettorale ha cercato essenzialmente di raccogliere i consensi dei Paesi piccoli che la Georgia sostiene di poter rappresentare, garantendo in contemporanea una posizione equilibrata sulle diverse istanze a partire proprio dagli Ogm. Forse troppo poco per avere reali possibilità.

(di Eloisa Gallinaro/ANSA)

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