Lavoro: aumentano i posti fissi, calano i contratti a termine

Operai al lavoro in una piccola impresa.
Operai al lavoro in una piccola impresa.

ROMA. – Record di trasformazioni in posti di lavoro stabili e contratti a termine in calo nel primo trimestre dell’anno per la prima volta dal secondo trimestre del 2016, ovvero dopo undici trimestri in aumento. E’ il quadro che emerge dalle comunicazioni obbligatorie rielaborate nella Nota trimestrale congiunta sulle tendenze dell’occupazione messa a punto da ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal.

Un quadro che conferma la crescita dell’occupazione dipendente ed in particolare dei contratti a tempo indeterminato: +207 mila rispetto al quarto trimestre del 2018, che raddoppiano nel confronto annuo. Numeri che il M5s rilancia, tornando a difendere il decreto dignità, ossia le nuove norme entrate in vigore a metà di luglio scorso, che prevedono un tetto di 24 mesi per i contratti a termine (prima erano 36), un massimo di quattro proroghe (dalle cinque precedenti) e la reintroduzione delle causali.

Norme che la Lega vorrebbe modificare con un ddl, ammorbidendo la stretta sui contratti a termine. “Ecco i dati reali. Ecco come stiamo cambiando il Paese con il decreto dignità”, commenta il vicepremier e ministro, Luigi Di Maio, “un messaggio che dovrebbe arrivare alle malelingue, quelle che dicevano, tra le altre cose, che con questo decreto avremmo distrutto l’Italia. Forse abbiamo distrutto il loro giocattolo, quello dei precari e degli sfruttati!”.

Nel complesso, nel primo trimestre del 2019, le attivazioni di contratti sono state 2 milioni 580 mila e le cessazioni 2 milioni 443 mila, che hanno determinato un saldo positivo di 138 mila posizioni di lavoro dipendente. Di queste, rispetto al trimestre precedente, le posizioni a tempo indeterminato risultano +207 mila, mentre quelle a tempo determinato subiscono una riduzione (-69 mila) e le trasformazioni in stabili (+223 mila) raggiungono il livello massimo della serie storica. Nel confronto annuo, la dinamica è la stessa: +376 mila le posizioni dipendenti, di cui +401 mila stabili e -24 mila a termine.

Entrambe le tendenze, sottolinea la Nota congiunta, sono influenzate proprio “dal notevole aumento delle trasformazioni a tempo indeterminato”, contribuendo così “in modo complementare” ad accrescere il numero dei contratti a tempo indeterminato e a diminuire quello dei contratti a termine. E questi ultimi risultano in calo per la prima volta dal secondo trimestre 2016, dopo undici trimestri di crescita, seppure caratterizzata negli ultimi trimestri da un progressivo rallentamento.

Positivo per i sindacati questo andamento. Ma “non si può non osservare che proprio le limitazioni ai contratti a termine poste in maniera troppo rigida dal decreto dignità in una fase di bassissima crescita stanno avendo un ruolo nel ristagno dell’occupazione”, nel primo trimestre cresciuta dello 0,1%, commenta il segretario generale aggiunto della Cisl, Luigi Sbarra. Per cui, dice, “servono non solo alcune modifiche ragionate al decreto dignità per renderlo più flessibile tramite il rinvio alla contrattazione collettiva” e soprattutto “un cambio di rotta nelle politiche economiche” messe in campo dal governo.

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