Meno parti cesarei e morti di infarto, anche al Sud

Medici in sala parto.
Medici in sala parto.

ROMA. – Calano i cesarei in Italia, anche in Campania (dove sono sempre stati tanti), e diminuisce il numero di chi non sopravvive a un infarto. Ma resta stabile la mortalità per ictus, ed è più elevata in alcune regioni del Sud. Continuano a ridursi i ricoveri inappropriati per le malattie respiratorie e aumenta il numero di anziani che riescono a farsi operare al femore entro soli due giorni dalla frattura. E, ancora, resta alta la migrazione regionale per la cura di un tumore, pur frequente, come quello al seno.

A scattare la fotografia, che mostra dati positivi nel complesso, ma con forte variabilità regionale, è il Programma Nazionale Esiti (Pne), elaborato dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari (Agenas). Nel 2017, rispetto al 2010, a 17.000 donne, in Italia, è stato risparmiato un cesareo, e il tasso nazionale è passato dal 28% del 2010 al 23% del 2017. Ma restano strutture, private e al Sud, in cui supera l’80%. Migliorano però alcune regioni storicamente critiche, come la Campania, in cui la percentuale dei cesarei passa da una media del 46% del 2016 al 40% del 2017. Buone notizie sui punti nascita sotto i 500 parti l’anno, ovvero troppo piccoli per garantire sicurezza: scendono da 97 del 2016 a 90 del 2017.

E’ tra le più basse in Europa (e continua a calare) la mortalità a 30 giorni per infarto, passata dal 10,4% del 2010 all’8,3% del 2017, senza troppe diversità fra regioni. Resta stabile, intorno all’11%, la mortalità per l’ictus. Ma, in questo caso, con tassi più alti al Sud: i valori medi variano dal 6,5% dell’Umbria al 17,7% del Molise. L’intervento tempestivo per ridurre la frattura del femore, che nell’anziano riduce la mortalità e le complicanze, è passato dal 31% del 2010 al 65% del 2017.

Ci vede tra i migliori in Europa il tasso di ricoveri per Broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), che si è ridotto dal 2,48 per mille del 2010 all’1,94 del 2017. Critica però resta la situazione in alcune regioni, come la Puglia. E’, invece, la protesi d’anca la procedura chirurgica più diffusa in Italia: a seguito dell’invecchiamento della popolazione, si è passati da 94.000 del 2010 a 110.700 del 2017.

Si riduce il numero di interventi per tumore al seno nei piccoli ospedali, ma resta alto il numero dei viaggi della speranza da una regione all’altra. Tanto che per questo tumore, pur relativamente frequente, ben il 44% delle donne calabresi è ‘costretto’ a migrare altrove. “E’ evidente – precisa Maria Chiara Corti, coordinatrice del Pne – una riduzione della variabilità degli esiti a livello nazionale, ma il divario Nord-Sud è ancora presente, così come lo è quello fra ospedali diversi nella stessa regione. Il lavoro di misurazione delle performance è fondamentale, perché è proprio misurando gli esiti che possiamo migliorarli”.

I dati indicano, spiega Francesco Bevere, direttore generale di Agenas, che “laddove si è proceduto alla riorganizzazione a rete dei presidi ospedalieri e dell’offerta sanitaria, si è registrato un significativo miglioramento degli esiti”. E’ evidente, conclude Luca Coletto (Lega), sottosegretario alla Salute, “un comune denominatore tra tutte le regioni: il costante e progressivo miglioramento, da segnalare anche in alcune realtà ancora in piano di rientro, grazie ai piccoli ma significativi passi in avanti ottenuti col lavoro di medici, infermieri, e tutto il personale sanitario”.

(di Livia Parisi/ANSA)