Italia invecchia. Immigrati aiutano, ma qualificati

Giovane immigrato neolaureato in ingegneria al lavoro in fabbrica.
Giovane immigrato neolaureato in ingegneria al lavoro in fabbrica.

ROMA. – L’Italia è un Paese già vecchio e destinato ad invecchiare ancora di più negli anni a venire. Un Paese in cui il fuoco sembra centrato soprattutto sull’immediato, ma quando si vanno a fare proiezioni di più lungo periodo il nodo demografico può rischiare di mettere a serio repentaglio l’effetto di qualunque misura di politica economica. Tanto più perché, complici i ritardi strutturali dell’economia, i giovani cervelli continuano a fuggire all’estero. E’ anche per questo che il segreto del futuro economico dell’Italia potrebbe risiedere anche nel ruolo chiave dell’immigrazione. E di quella qualificata in modo particolare.

Nelle Considerazioni finali pronunciate come da tradizione ogni 31 maggio davanti a un ampio consesso di imprenditori, personalità della finanza e delle istituzioni, il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha dedicato oggi un’ampia parte della sua relazione a un tema, quello dell’invecchiamento della popolazione, che oramai da anni rappresenta una delle spine nel fianco del nostro Paese, ma anche all’immigrazione, argomento che oggi più che mai è quasi quotidianamente al centro delle cronache e dell’interesse comune.

“L’Italia invecchia rapidamente e la popolazione tende a ridursi” è l’allarme di Visco. E se il problema riguarda un po’ tutti i paesi dell’Unione europea, per noi pesa certamente molto di più. A sostegno della sua tesi cita infatti le previsioni di Eurostat secondo cui “nei prossimi 25 anni la quota della popolazione con almeno 65 anni raggiungerà il 28% del complesso dell’Unione, il 33% in Italia”. E da noi la popolazione tra i 20 e i 64 anni diminuirà di 6 milioni. Gli andamenti demografici non potranno che avere effetti negativi sulla produttività del paese. Ed è qui che entra in gioco la ‘variabile immigrati’.

“L’immigrazione può dare un contributo alla capacità produttiva del Paese – suggerisce il Governatore – ma vanno affrontate le difficoltà che incontriamo nell’attirare lavoratori a elevata qualificazione così come nell’integrazione e nella formazione di chi proviene da altri paesi”.

Sta quindi, secondo Visco, nella nostra capacità di richiamare dall’estero teste con qualifiche e di non far fuggire i nostri cervelli il segreto delle politiche da mettere in campo oggi per garantire il futuro del paese da consegnare ai nostri figli. Il quadro italiano dipinto oggi in Bankitalia mostra un paese in cui dai primi anni ’90 il numero degli immigrati supera ogni anno quello degli emigrati, con il saldo che ha continuato a salire per arrivare nel 2018 a quasi 190.000 persone, lo 0,3% della popolazione. La quota dei laureti tra gli stranieri, pari a quasi il 13%, è meno della metà della media Ue.

Produttività e capacità imprenditoriale accusano il “progressivo aumento delle quote di giovani e di laureati che ogni anno lasciano l’Italia, riflesso dei ritardi strutturali dell’economia”, afferma Visco spiegando che l’emigrazione dei giovani ha raggiunto lo 0,5% nel 2017, quintuplicandosi nell’arco di 10 anni e quella dei laureati, pari allo 0,4%, è raddoppiata.

“Non possiamo ignorare il rischio, implicito nelle tendenze demografiche, di un netto indebolimento della capacità produttiva del Paese e la prospettiva di una forte pressione sulle finanze pubbliche” dice il Governatore in un nuovo passaggio delle Considerazioni finali. I dati parlano chiaro: da qui al 2030 senza il contributo dell’immigrazione, la popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni calerebbe di 3,5 milioni e di ulteriori 7 nei successivi 15 anni, sostiene. Già oggi, ogni 100 persone in questa classe età, ce ne sono 38 con almeno 65 anni e tra 25 anni ce ne sarebbero ben 76.

“Queste prospettive – ribadisce Visco – sono rese più preoccupanti dall’incapacità del Paese di attirare forze lavoro qualificate dall’estero e dal rischio concreto di continuare anzi a perdere le nostre risorse più qualificate e dinamiche”. Una consapevolezza che, pronunciata nella solennità del rito delle considerazioni finali del Governatore di Banca d’Italia, assomiglia molto ad un grido d’allarme, su un futuro da correggere.

(di Angelica Folonari/ANSA)