Trump attacca sul Russiagate: “Mueller è un mio nemico”

Robert Mueller e Donald Trump sullo sfondo del Russiagate.
Robert Mueller e Donald Trump sullo sfondo del Russiagate.

WASHINGTON. – Robert Mueller è un “vero never Trumper”: Donald Trump va all’attacco dell’ormai ex procuratore speciale del Russiagate accostandolo ai repubblicani che tentarono di sbarrargli la strada della Casa Bianca. E lo fa all’indomani delle sue prime dichiarazioni pubbliche, con cui ha rinfocolato le richieste democratiche di impeachment per aver smentito di aver scagionato il presidente nel suo rapporto finale.

“Mueller non avrebbe mai dovuto essere scelto”, si è lamentato prima di volare in Nevada, criticando la nomina fatta dall’allora vice ministro della Giustizia Rod Rosenstein, anche lui repubblicano. L’ex super magistrato “è completamente in conflitto di interessi”, ha incalzato, sostenendo che “voleva ridiventare direttore dell’Fbi e io dissi no”. Poi ha rievocato il suo legame con James Comey, il capo del Bureau che il presidente silurò, e pure una “disputa d’affari” tra Mueller e il tycoon, forse per una quota di iscrizione ad un golf club di Trump.

La sua furia si era già scatenata su Twitter, dove peraltro era caduto in una gaffe affermando che i democratici e le Fake News lo attaccano sull’ostruzione della giustizia dopo che la collusione con Mosca “è sparita perché non avevo nulla a che fare con la Russia che mi ha aiutato ad essere eletto”. Scivolata poi corretta: “No, la Russia non mi ha aiutato ad essere eletto. Semmai, ha aiutato Hillary”, ha precisato, dimenticando che Mueller ha detto il contrario. Ma il tycoon ha continuato a tirare per la giacca il procuratore speciale sostenendo “ha detto le stesse cose contenute nel rapporto”, ossia “nessuna collusione, nessuna ostruzione”.

In realtà Mueller ha spiegato che “se fossimo stati convinti che il presidente chiaramente non aveva commesso un crimine, lo avremmo detto”. E che, se sulla collusione le prove erano insufficienti, sull’ostruzione della giustizia non è stato raggiunta alcuna conclusione: una smentita dell’interpretazione del ministro della Giustizia William Barr.In ogni caso, ha sottolineato, “le linee guida del dipartimento di giustizia impediscono di incriminare un presidente in carica, la Costituzione prevede un processo diverso”, ossia l’impeachment.

In questo modo Mueller ha gettato la palla al Congresso e un crescente numero di democratici, tra cui ben otto candidati alla Casa Bianca, stanno invocando la messa in stato di accusa. La speaker della Camera Nancy Pelosi è sempre più sotto pressione ma per ora frena, sapendo che i repubblicani, in maggioranza al Senato, non mollerebbero Trump e che l’impeachment potrebbe diventare un boomerang politico, mobilitando la base del tycoon nella campagna per la sua riconferma alla Casa Bianca. Per questo preferisce proseguire le indagini, aperte su più fronti, tenendo il tycoon sotto pressione.

Intanto Pelosi ha attaccato anche Facebook per non aver rimosso il video manipolato – condiviso su Twitter anche dall’avvocato di Trump, Rudy Giuliani – che la mostra farfugliare, come se fosse ubriaca. “Abbiamo detto a lungo ‘povera Facebook, è stata sfruttata inconsapevolmente dai russi’. Penso che, non rimuovendo qualcosa che sanno essere falso, abbiano dimostrato che erano complici volontari delle interferenze russe nelle nostre elezioni”, ha dichiarato.

Trump intanto resta in trincea, convinto che il caso sia “chiuso” e che comunque “gli incredibili poteri presidenziali” gli facciano da “scudo” anche contro un’accusa di ostruzione della giustizia in una procedura di impeachment. Parola, quest’ultima, che giudica “volgare, schifosa, disgustosa”.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

 

 

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