‘Ndrangheta: blitz Guardia di Finanza contro cosche di Crotone

Una pattuglia della Guardia di Finanza.
Una pattuglia della Guardia di Finanza. (ANSA)

CATANZARO. – Quando parlava con i propri accoliti, Alfonso Mannolo, capo dell’omonima cosca di San Leonardo di Cutro (Crotone), che poteva vantare contatti ultratrentennali anche con Cosa nostra siciliana, dice di temere il procuratore della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri, accostato a Giovanni Falcone. É quanto emerge dalle indagini della Guardia di finanza che hanno portato allo smantellamento della cosca Mannolo-Trapasso-Zoffreo, con l’esecuzione di 35 fermi ed un sequestro di beni per 30 milioni di euro.

Non un proposito, spiegano gli investigatori delle fiamme gialle, ma considerazioni e ingiurie lanciate in conversazioni tra il boss e i suoi collaboratori dalle quali affioravano, oltre ai timori per l’azione del capo della magistratura inquirente catanzarese, anche forti preoccupazioni per le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, la cui scelta veniva da loro definita “vergognosa”.

La cosca, che vantava ramificazioni in Puglia, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e proiezioni estere, aveva asservito ai propri interessi criminali i villaggi turistici del litorale ionico tra le province di Crotone e Catanzaro. Da anni il clan, dipendente dalla famiglia Grande Aracri, egemone nella zona, esercitava la propria influenza sulle strutture ricettive attraverso l’imposizione del pizzo e costringendo gli imprenditori a fare assunzioni di favore e di fare riferimento a fornitori di beni e servizi a loro vicini. Ne scaturivano risorse ingenti investite nella ristorazione, nell’edilizia e nei distributori di carburante.

Oltre al dominio incontrastato nel traffico di droga fra le province di Crotone e Catanzaro e nell’usura, praticata nei confronti di diversi imprenditori anche nel nord Italia, la cosca aveva acquisito capacità di controllo e monitoraggio del territorio grazie a soffiate sulle operazioni di polizia imminenti per mezzo di un’oscura rete di connivenze. In tal senso, i “picciotti” erano anche in grado di realizzare un’attività di anti bonifica per il rilevamento di microspie o per eludere le attività di intercettazione.

“Già negli anni ’70 la cosca Mannolo-Trapasso-Zofreo – ha detto il procuratore Gratteri – colloquiava con Cosa Nostra e aveva installato, per conto della mafia palermitana, una raffineria per la lavorazione e la produzione di eroina. Nei decenni quel territorio è stato quasi dimenticato sul piano del contrasto. Dico quasi perché noi oggi, grazie a questa indagine, abbiamo dimostrato che in realtà lì c’era una locale di ‘ndrangheta che controllava anche il ‘respiro’ di quel territorio, intervenendo sulla sua parte vitale, ovvero quella economica.

Riusciva a controllare tutte le attività turistico-alberghiere, imponendo non solo le estorsioni ma anche l’acquisto dei prodotti”. Sull’operazione di oggi, denominata “Malapianta”, è intervenuto il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ha ringraziato la Guardia di finanza “per i 35 fermi e per l’impiego di 250 uomini contro clan e delinquenti vari”. L’operazione della Dda di Catanzaro ha potuto contare sulla collaborazione degli imprenditori vittime delle vessazioni della cosca.

(di Clemente Angotti/ANSA)

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