Parla Mueller: “Non escludo Trump abbia commesso reati”

Un primo piano del procuratore generale Robert Mueller durante il giuramento.
Il procuratore generale Robert Mueller

WASHINGTON. – Robert Mueller rompe il silenzio. Per la prima volta da quando ha preso in mano le indagini sulle interferenze russe nelle elezioni Usa del 2016 parla all’America. In diretta tv dice finalmente la sua sulle conclusioni del Russiagate che tante polemiche hanno scatenato nelle ultime settimane, generando una gran confusione nell’opinione pubblica.

Il procuratore, in dieci minuti che devono essere sembrati interminabili alla Casa Bianca, legge e pesa attentamente le parole, di fatto ribadendo per filo e per segno quanto scritto nelle 448 paqine del rapporto inviato al Congresso: “Non siamo riusciti a determinate se il presidente Trump abbia commesso reati. Se ne fossimo stati convinti, lo avremmo detto”.

Mueller, accusato per mesi da Donald Trump di guidare la più clamorosa caccia alle streghe della storia americana, non esclude quindi che il tycoon possa essersi macchiato di crimini come quello di ostruzione della giustizia. Semplicemente, ammette, lui e il suo team di investigatori non sono riusciti a provarlo. Un’ammissione che lascia aperte le speranze di chi sogna un impeachment, ma che intanto viene accolta con un sospiro di sollievo alla Casa Bianca, avvertita la sera prima della decisione di Mueller di intervenire.

Così passano pochi minuti dalla diretta e il presidente americano si fa vivo come suo solito via Twitter: “Niente cambia dal rapporto. Ci sono state prove insufficienti e perciò, nel nostro Paese, in casi come questo una persona è innocente. Il caso è chiuso! Grazie”. Concetto ribadito poco dopo dalla sua portavoce Sarah Sanders, che invita a voltare definitivamente pagina.

Ma se il caso è chiuso davvero lo diranno le prossime settimane e i prossimi mesi. Perché ora la palla più che mai passa al Congresso che, complice la campagna elettorale per le presidenziali del 2020, continuerà ad indagare. E il pressing per incriminare il presidente cresce di giorno in giorno tra le fila dei democratici, mettendo in difficoltà anche la speaker della Camera Nancy Pelosi.

L’unica chiusura certa intanto sarà quella, al Dipartimento di giustizia, dell’ufficio di Mueller, che ha sancito formalmente la fine del suo lavoro, annunciando il ritorno alla vita privata dopo due anni vissuti pericolosamente, in prima linea, seppur sempre nell’ombra e nella massima discrezione. E che la sua volontà sia quella di uscire definitivamente di scena Mueller lo dice chiaramente, rivolgendosi direttamente al Congresso: lui non salirà a Capitol Hill per testimoniare, come da tempo gli viene chiesto insistentemente.

“La mia testimonianza è il mio rapporto, ogni altra testimonianza non aggiungerebbe nulla a quel rapporto”. Punto. Si toglie anche qualche sassolino dalle scarpe il procuratore, lasciando intendere che non intende più farsi tirare per la giacca da nessuno, e replicando a chi lo accusa di non essere andato fino in fondo: “Incriminare un presidente in carica non era un’opzione, non è un’opzione che in base alla legge poteva prendere in considerazione un procuratore speciale”. Questo semmai spetta al Congresso. Con quest’ultimo però potrebbe aprirsi un vero e proprio braccio di ferro, visto che dalla Camera a maggioranza democratica si insiste sulla necessità di un’audizione del riluttante procuratore.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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