Scontri a Genova: due indagini, su manifestanti e polizia

Scena degli scontri tra polizia e manifestanti a Genova.
Scena degli scontri tra polizia e manifestanti a Genova. (ANSA)

GENOVA. – Il ‘giorno dopo’ è sempre un’altra storia ma Genova, che ha ancora sulla pelle quanto successe nel 2001 durante il G8, il suo giorno dopo gli scontri di piazza Corvetto, avvenuti in contemporanea a un comizio di CasaPound tra polizia e manifestanti, lo vive con rabbia, amarezza e mille domande. Partono due indagini della procura, una sugli antagonisti, l’altra per le manganellate degli agenti al cronista di Repubblica Stefano Origone.

E mentre il giudice conferma l’arresto dei due genovesi fermati ieri, imponendo l’obbligo di firma e disponendo la revoca dei domiciliari, le istituzioni fanno visita a Origone, picchiato durante una carica della polizia, che ha subìto la frattura di due dita e di una costola. Solidarietà al giornalista anche dal presidente della Camera Fico, dalla Fnsi con il presidente Giulietti che definisce quanto successo “un fatto grave e non tollerabile” e dal procuratore Francesco Cozzi:

“E’ assurdo che accadano fatti del genere – ha detto -. Origone era in piazza a svolgere il suo lavoro di cronista in modo pacifico e non so come possa essere stato scambiato per un facinoroso. E’ inconcepibile quanto successo”. Inconcepibile. Ma stavolta “il G8 è lontano – ha detto il procuratore aggiunto Francesco Pinto -. Non faremo sconti a nessuno”.

Il giorno dopo è sempre un giorno strano: perché l’eco dei tanti fumogeni sparati, delle spranghe contro le grate a protezione della piazza, dei bulloni sparati con le fionde e dei vecchi slogan urlati a squarciagola non rimbomba più a piazza Corvetto, ma non si spegne. Non si sentono – così come non si sentivano ieri – gli slogan di Casapound. Arrivati alla spicciolata, ben nascosti dagli imponenti furgoni dell’ordine pubblico e tutelati da 300 uomini in divisa, quelli di CasaPound ieri se ne sono andati in silenzio usando la via di fuga verso la collina. Solo oggi, il giorno dopo, si dicono “soddisfatti. Eravamo 70”.

In verità una trentina, contati uno per uno dalla polizia. Ma il giorno dopo è anche il giorno delle indagini: due i fascicoli aperti dalla procura, tutti e due contro ignoti. Il primo per resistenza, danneggiamento e lancio di oggetti pericolosi per i manifestanti che si sono scontrati con la polizia e l’altro contro il gruppo di poliziotti del Reparto Mobile che ha picchiato Origone.

Le ipotesi di reato sono lesioni volontarie aggravate dall’uso dell’arma, cioè il manganello, e dalla gravità delle lesioni. A occuparsi dell’identificazione dei manifestanti sarà la Digos, l’identificazione degli agenti spetterà alla Mobile. La questura ha subito resa nota la propria “assoluta collaborazione” con la procura, mettendo a disposizione “tutte le informazioni utili”.

Restano ancora molte domande, per ora senza risposta: è vero che la manifestazione antifascista è stata ‘infiltrata’ da elementi anarchici dell’area dura provenienti da Milano e da altre zone d’Italia? Ma soprattutto, la gestione dell’ordine pubblico, la concessione di una piazza centrale come quella in cui CasaPound ha fatto il suo mini-comizio è stata corretta? Sapendo che la manifestazione avrebbe potuto assumere derive di aspra contestazione e provocazione è stato opportuno consentire quel comizio?

Il “dato politico”, come lo chiama il governatore Toti sostenuto in questo dal sindaco Bucci, è che CasaPound nonostante i non velati richiami al fascismo è diventato un ‘partito’ legale quindi costituzionalmente tutelato. E forse il nodo è questo, un nodo che Genova, città Medaglia d’oro al valor civile, l’unica città che si è liberata dal nazifascismo soltanto grazie alla sua gente, non sa e non può sciogliere.

(di Chiara Carenini/ANSA)

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