Direttive Viminale e sicurezza bis, le accuse dell’Onu

La Mare Jonio, nel porto di Lampedusa. Migranti
La Mare Jonio, nel porto di Lampedusa.

ROMA. – Ritirare le direttive sui migranti emesse dal Viminale a partire da marzo scorso, che vanno ad incidere “seriamente” sui diritti umani, rappresentano un “altro tentativo politico di criminalizzare le operazioni di ricerca e salvataggio” delle Ong, “intensificano ulteriormente il clima di ostilità e xenofobia” nei confronti dei migranti. E “fermare la procedura” che potrebbe portare all’approvazione del decreto sicurezza bis.

Ruotano attorno a questi due concetti le critiche che l’Alto commissariato per i diritti umani ha rivolto all’Italia nella lettera inviata tramite l’ambasciatore dell’Onu a Ginevra al ministro degli Esteri Enzo Moavero. In particolare sono le ultime due direttive ad essere richiamate: quella del 15 aprile con al centro la Mare Jonio, la nave di Mediterranea Saving Human, e quella del 15 maggio emanata subito dopo il salvataggio effettuato da Sea Watch 3 al largo della Libia di 65 migranti.

In quella emessa 4 giorni fa il Viminale ribadiva che “un’eventuale transito della nave Sea Watch 3 nell’aerea marittima di competenza italiana, in violazione delle disposizioni in materia di immigrazione, si configurerebbe necessariamente quale passaggio ‘non inoffensivo'” con conseguente “pregiudizio al buon ordine e alla sicurezza dello Stato”.

Per questi motivi il Viminale chiedeva alle autorità di polizia, alla Marina e alla Guardia Costiera, di attuare “ogni possibile forma di diffida ed intimazione di divieto d’ingresso e transito nelle acque territoriali agli interessati, in caso di un eventuale avvicinamento dell’imbarcazione in acque di responsabilità italiana”. La direttiva del 15 aprile era invece ‘dedicata’ alla Mare Jonio e il Viminale chiedeva di “vigilare affinché il comandante e la proprietà della Mare Jonio si attengano alle vigenti normative nazionali ed internazionali in materia di coordinamento delle attività di soccorso in mare”; “rispettino le prerogative di coordinamento delle autorità straniere”; “non reiterino condotte in contrasto con la vigente normativa nazionale ed internazionale in materia di soccorso in mare”.

Entrambe le direttive fanno riferimento alla prima emessa dal ministero, il 18 marzo e richiamata anch’essa nel documento dell’Onu: chi soccorre “migranti irregolari” in acque non di responsabilità italiana, senza che Roma abbia coordinato l’intervento e poi entra in acque territoriali italiane, dice quel provvedimento, lede “il buon ordine e la sicurezza dello Stato”.

Per questo l’input alle forze di polizia è di attenersi “scrupolosamente” alla direttiva per prevenire, “anche a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica dello Stato italiano, l’ingresso illegale di immigrati sul territorio nazionale”. “Siamo profondamente preoccupati per l’approccio adottato dal ministro dell’interno attraverso queste direttive” conclude l’Onu nella lettera sottolineando che i provvedimenti “non si basano e non sono stati confermati da alcuna decisione dell’autorità giudiziaria competente”.

(di Matteo Guidelli/ANSA)

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