Chiesa e Salvini, i gesti che marcano la distanza

Matteo Salvini mostra il rosario durante la manifestazione in Piazza Duomo a Milano.
Matteo Salvini mostra il rosario durante la manifestazione in Piazza Duomo a Milano. (ANSA)

ROMA. – I gesti che si sono tradotti in prese di distanza della Chiesa dalle politiche del ministro Salvini, sono stati diversi negli ultimi mesi; e con la decisione del Papa di ricevere una famiglia rom e quella dell’elemosiniere vaticano di riattivare la luce in uno stabile occupato, hanno visto un crescendo negli ultimi giorni. Ora un’ulteriore conferma arriva da Civiltà cattolica e da Famiglia cristiana, che invitano a non brandire il rosario – baciato da Salvini sul palco di Milano – come strumento politico.

Il dibattito ha radici lontane. I simboli cristiani fanno parte dell’armamentario di quei movimenti di destra che in Europa, e non solo, dichiarano di rifarsi alle tradizioni occidentali in contrapposizione con ‘l’avanzata’ islamica. E’ così per Marine Le Pen, da sempre paladina delle “tradizioni cristiane”: quando tre anni fa la leader del Front National si ritrovò con Salvini, citò Milano come il luogo dell’editto di Costantino, “radice della nostra civiltà cristiana”.

Il crocefisso stesso, da esporre nelle scuole e nei luoghi pubblici, è stato al centro di una battaglia tra laici e cattolici di fronte alla Corte di Strasburgo, che nel 2011 stabilì che l’esposizione della croce non è un elemento di indottrinamento e non lede i diritti umani. Proprio contro l’uso a fini politici dei simboli religiosi è appena scesa in campo Civiltà cattolica, la rivista dei Gesuiti – ordine a cui appartiene papa Bergoglio – le cui bozze hanno sempre il ‘visto si stampi’ della segreteria di Stato vaticana.

La presa di posizione è l’ultimo di una serie di atti che in questi giorni hanno segnato un divario con Salvini, leader che per altro non ha mai incontrato il Papa. Il 9 maggio Francesco vede la famiglia rom al centro delle polemiche per l’assegnazione di una casa popolare a Casal Bruciato, Roma. Passano poche ore e l’elemosiniere del papa, cardinal Krajewski, riattiva la corrente in uno stabile occupato da oltre 420 persone a cui erano state tolte luce e acqua calda perché morose per 300mila euro.

Gesti sintomatici, che non riguardano, però, solo le gerarchie. A Spezia, un parroco ha fatto suonare le campane a morto durante la presentazione di un libro edito da AltaForte, la casa editrice vicina a CasaPound. Anche nei mesi scorsi, quando fu presentato il primo decreto sicurezza, furono tanti i preti ‘contro’. Don Farinella a Genova annunciò che avrebbe chiuso la chiesa a Natale per “obiezione di coscienza”. A Padova, don Favarin invitò chi plaudiva al decreto a non fare il presepe. E Don Tofani, parroco nel pistoiese, arrivò ad accostare Salvini a Erode: “Se c’era lui, Gesù Bambino moriva”, disse, in quella che fu subito ribattezzata omelia-choc.

(di Eva Bosco/ANSA)