Schiaffo a Trump sui Dreamers, lui rilancia sul muro

Donald Trump in una foto d'archivio.
Donald Trump in una foto d'archivio. (ANSA)

WASHINGTON. – Il muro d’acciaio sul confine col Messico deve essere dipinto di nero, così scuro da assorbire il massimo calore possibile e rendere a chiunque difficilissimo scalarlo. Non solo: meglio che la parte alta della barriera sia appuntita, magari piazzando degli appositi spuntoni, non si sa mai qualcuno riesca ad arrivare lo stesso in cima. Mentre i giudici della Virginia gli assestano un sonoro schiaffo sui dreamer, bollando come illegale e “capricciosa” la decisione di mettere fine alla loro protezione, Donald Trump – raccontano i bene informati – non finisce mai di dare consigli a tutti coloro che si occupano della costruzione simbolo della sua presidenza.

E ad ogni briefing in cui i tecnici lo informano sui progressi dell’opera, i suoi suggerimenti si moltiplicano. “Sono previsti troppi cancelli”, troppi passaggi per attraversare la frontiera, e sono troppo larghi, si è lamentato di recente il tycoon, cartina sulla scrivania dello Studio Ovale e matita in mano per tracciare le sue continue modifiche al progetto. Viene così fuori la sua anima di ‘builder’, di imprenditore edile, con una micro gestione dei lavori che spesso lascia i veri addetti ai lavori di stucco. Mentre sui social media qualcuno ironicamente suggerisce anche di piazzare sopra il muro un meccanismo che lanci olio bollente.

Ma Trump non ha alcuna voglia di scherzare e vuole che il muro al confine sud degli Stati Uniti sia il miglior biglietto da visita per le elezioni del 2020 in vista dell’auspicata rielezione. L’icona di promesse solenni fatte prima di arrivare alla Casa Bianca e mantenute.

Intanto però il presidente americano, il giorno dopo aver annunciato il suo nuovo piano per cambiare le regole sull’immigrazione basando gli ingressi sempre più sul merito, riceve una sonora bocciatura da una corte di appello della Virginia che ha giudicato illegale la sua decisione di porre fine al Deferred Action for Childhood Arrivals (Daca) il programma di protezione dei dreamer, gli immigrati clandestini entrati in Usa quando erano minori. Programma che nel 2014 fu esteso da Barack Obama.

Una sentenza, quella della Virginia, che di fatto conferma la precedente decisione di un’altra corte e che definisce lo stop imposto da Trump “una decisione arbitraria e frutto di un capriccio, del tutto inadeguata”. L’amministrazione Usa non ha però intenzione di arrendersi ed è molto probabile che la battaglia legale attorno al destino dei dreamer sia destinata a durare ancora a lungo e a finire un giorno davanti alla Corte Suprema. Ormai a maggioranza conservatrice.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

Lascia un commento