Juventus, è divorzio con Massimiliano Allegri

Massimiliano Allegri e il presidente della Juventus Andrea Agnelli in una foto d'archivio.
Massimiliano Allegri e il presidente della Juventus Andrea Agnelli in una foto d'archivio. (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)

TORINO. – E’ divorzio tra la Juventus e Massimiliano Allegri. Dopo cinque anni, altrettanti scudetti e undici trofei in totale, l’allenatore non siederà sulla panchina della Juventus nella prossima stagione. Lo rende noto il club bianconero. L’annuncio della separazione arriva dopo un lungo confronto, che sembrava destinato a proseguire anche oggi. A sorpresa, invece, l’addio al termine dell’allenamento dei bianconeri alla Continassa. Le ragioni dell’addio al tecnico, che aveva ancora un anno di contratto, saranno illustrate domani dallo stesso Allegri e dal presidente Andrea Agnelli in una conferenza stampa congiunta.

Intanto da Manchester Pep Guardiola allontana così le voci che lo avvicinano alla Juventus per il dopo-Allegri: “Quante volte devo dirlo? Non ho intenzione di trasferirmi a Torino, in Italia. Sono soddisfatto di lavorare con questo club, con le persone qui”. “È così che mi sento oggi, ma il calcio cambia molto – le parole di Guardiola durante la conferenza stampa di presentazione della finale di Fa cup con il Watford – La prossima stagione potrebbe non essere altrettanto buona, ma sarò tecnico del Man City”.

Cinque anni firmati Allegri. Con il divorzio annunciato oggi, si conclude un’avventura fatta di fischi iniziali, trofei a raffica e un cruccio mai cancellato, nonostante due finali: la Champions. Allegri era piombato alla Juve a metà luglio di cinque anni fa, dopo il clamoroso addio di Antonio Conte al secondo giorno della preparazione estiva. Accolto con scetticismo dai tifosi, tanto che gli ultrà avevano inscenato una contestazione a Vinovo, rendendo necessaria la mediazione dell’a.d. Beppe Marotta.

Ma un mese dopo a Villar Perosa, nella tradizionale passerella bianconera nel feudo juventino, pur restando tiepidi verso l’ex allenatore del Milan, i tifosi avevano accettato l’idea di averlo alla guida dalla squadra bianconera, chiamata a proseguire il ciclo vincente di Conte. “E’ uno di noi. E’ juventino, – aveva garantito John Elkann – ci conosce, come dimostra anche il fatto che anni fa, come ha raccontato lui stesso, avesse in camera un poster di Platini. E la sua juventinità è una cosa molto positiva”.

Un successo dietro l’altro in Italia, cinque scudetti consecutivi, portando la serie a 8 titoli, record assoluto per tutti i principali campionati europei, 4 Coppe Italia e due Supercoppe, oltre alle due finali di Champions, nel 2015 e nel 2017, hanno parlato a favore di Allegri, sempre ispirato dai suoi mantra, “ci vuole equilibrio” e “il calcio è una materia semplice”. Una bandiera, quest’ultima, per Allegri che ha sempre respinto al mittente le critiche sul gioco brutto, con le memorabili litigate in tv prima con Sacchi e negli ultimi giorni con Adani.

Vittorie e trofei non hanno mai fatto scoppiare l’amore con i tifosi. E l’Europa è rimasta un tabù, anche dopo l’arrivo, l’estate scorsa, del giocatore più prestigioso, Cristiano Ronaldo, che aveva vinto la Champions 5 volte, le ultime tre consecutive con il Real Madrid.

Un fallimento? Guai ad azzardare un giudizio così duro con Allegri. “Forse qualcuno pensava di vincerla come il torneo che giocavo al bar in estate a Livorno…”, l’amaro e ironico commento del tecnico dopo il ko all’Allianz Stadium contro l’Ajax, ai quarti di finale. Quella Coppa attesa dal ’96, non arrivata, è probabilmente rimasto il principale cruccio del tecnico. Una Champions sfumata nel 2015 a Berlino, dopo aver fatto soffrire il Barcellona e due anni più tardi a Cardiff contro il Real di Ronaldo, con quel crollo ancora oggi inspiegabile nel secondo tempo.

“Ma quando sono arrivato alla Juve, c’era paura ad affrontare il Malmoe”, è stata spesso l’orgogliosa rivendicazione di Allegri. Se fosse arrivato a Madrid, a giocarsi la finale di quest’anno, forse le cose sarebbero andate diversamente tra la Juve e Allegri. O forse no. Ma il tecnico avrebbe vissuto un’uscita di scena ancora più gloriosa, quella che probabilmente sognava.

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