Zingaretti punta i voti del M5s, Sinistra non chiude a Di Maio

Nicola Zingaretti, segretario del PD (a sinistra), e Carlo Calenda durante la presentazione del simbolo per le elezioni europee del Partito Democratico sulla terrazza del Nazareno.
Nicola Zingaretti, segretario del PD (S), e Carlo Calenda durante la presentazione del simbolo per le elezioni europee del Partito Democratico sulla terrazza del Nazareno, Roma, 30 marzo 2019. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

ROMA. – “Chi vota di Maio vota Salvini”. “Col Pd non voglio avere nulla a che fare”. “M5S complice della Lega”. “Il Pd è sempre quello di Renzi, con Zingaretti davanti”. Botte da orbi davanti alle tv e sui giornali tra Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio, eppure Matteo Salvini nota “troppi accoppiamenti fra PD e 5 Stelle, troppa sintonia”. Il segretario dem non se ne cura, attacca il governo sull’aumento dello spread paventando tagli al sociale e spinge a fondo per gli ultimi dieci giorni di campagna per le europee.

A Roma con gli alleati di Articolo 1 e il candidato del Partito socialista europeo (Pse) a presidente della Commissione Ue Frans Timmermans. Articolo 1 (già Mdp, i fuoriusciti Pd – che hanno due candidati nelle liste Pd-Siamo Europei) dichiara con il segretario Roberto Speranza che “se questo governo cade si deve andare al voto”, niente ribaltoni in questa legislatura. “Molti voti di centrosinistra sono andati ai 5 stelle, eppure oggi quei consensi sono messi al servizio della peggiore destra – prosegue Speranza -. Penso che il M5s vada inchiodato alle proprie contraddizioni e responsabilità. Non credo affatto che siano come la Lega vicina a Orban, Kurz e Marine Le Pen”.

Zingaretti vuole però riprendersi i voti del M5S e puntare ad ampliare l’alleanza dopo il voto, con +Europa e chi ci starà. Eppure la suggestione di un avvicinamento tra cinquestelle e democratici, specie dopo le europee, appassiona editorialisti di vario orientamento sui quotidiani, nonostante le feroci smentite delle due parti. E nel Pd voci renziane in modo manifesto o meno ammoniscono contro l’alleanza con il MoVimento.

“Il Pd fa bene a tenersi alla massima distanza da certi personaggi”, afferma parlando di Di Maio la renzianissima vicepresidente dem Anna Ascani. Al capo del M5S rimprovera una posizione pilatesca sulla famiglia nomade minacciata a Roma e difesa dalla sindaca Virgina Raggi. “Se ci porta all’abbraccio con i grillini è l’inferno”, dice un deputato dem di minoranza. Nulla di tutto questo, ribadiscono dall’entourage di Zingaretti. Il quale ripete da sempre che se il governo cade si deve tornare a votare.

Anche per l’esigenza del segretario di avere una rappresentanza parlamentare più coerente con il nuovo corso, al posto di quella attuale, in buona parte ex renziana. Molto dipenderà da come andranno le Europee, quali saranno i rapporti di forza tra i partiti, se il Pd davvero sorpasserà M5S (come da sondaggi regolarmente fatti circolare finora dai vertici dem, ma che ora per legge è vietato pubblicare).

Nel frattempo Pd e cinquestelle si annusano e si azzannano su salario minimo, costi della politica, conflitto d’interessi e non solo. La lotta all’evasione fiscale, invece, è stata evocata sia dal premier Giuseppe Conte che da Zingaretti, ultimamente. “L’alleanza tra Pd e M5s è destino”, preconizza il filosofo Massimo Cacciari, ex sindaco dem di Venezia. “Il futuro non è scritto – gli risponde Matteo Orfini, dal film ‘Terminator’ -. L’unico destino è quello che ci creiamo con le nostre mani”.

(di Luca Laviola/ANSA)

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