Gioco e money, è predominio Premier nell’Europa del calcio

Giocatori e tecnico del Tottenham festeggiano la vittoria sull'Ajax
E' il Tottenham la seconda finalista della Champions League 2018/19, affronterà il Liverpool l'1 giugno prossimo a Madrid. (ANSA)

LONDRA. – Quattro su quattro, un en plein di finaliste senza precedenti in Europa: in attesa della Brexit, il calcio inglese va in controtendenza e si assicura il doppio trono continentale, da anni appannaggio della Spagna. Dopo le epiche rimonte di Liverpool e Tottenham, che si contenderanno la Champions proprio a Madrid, è toccato a Chelsea e Arsenal staccare il biglietto per la finale di Europa League a Baku. Mai una nazione era riuscita a portare così in alto quattro sue squadre, a conferma del ritorno del calcio inglese ai più alti livelli e di un predominio destinato a durare.

Tale egemonia ha tante spiegazioni, che convergono però in un’unica direzione: gli introiti economici. Solo di diritti tv la Premier League distribuisce dividendi stratosferici alle sue 20 squadre: in euro, quasi tre miliardi all’anno. Una pioggia d’oro che consente all’ultima della lega, quest’anno l’Huddersfield, di incassare più del Paris Saint Germain.

Non a caso la classica del club più ricchi registra sei presenze inglesi nella top ten. Undici anni fa l’Inghilterra aveva egemonizzato la finale Champions di Mosca, vinta ai rigori dal Manchester United sul Chelsea. E nelle tre stagioni precedenti almeno un club della Premier aveva sempre raggiunto l’epilogo di Champions. Da allora in poi, però, si erano susseguite annate di recessione. E per due volte (2012/13 e 2014/15) la spedizione inglese si era arenata ancor prima della primavera.

Pian piano la tendenza s’è invertita, frutto anche di quello che è diventato un vantaggio impari sulle rivali, corroborato dal seguito mondiale di cui gode il campionato inglese, primo ad essere sbarcato, in tempi non sospetti, in Asia e negli Usa, in cerca di nuova audience. Più spettatori negli stadi, più telespettatori davanti alla tv, più ricavi pubblicitari: un circolo virtuoso che ha portato milionari di tutto il mondo (dagli sceicchi arabi ai magnati russi fino ai tycoon statunitensi) ad acquistare club inglesi.

Investendo tantissimo sia per il mercato, sia per i tecnici, sia per realizzare nuove infrastrutture. L’ultima è lo stadio del Tottenham, un gioiello da oltre 60mila posti costato oltre il miliardo di euro. Cifre inimmaginabili se non in Inghilterra dove i club da decenni sono quotati in borsa, gestiti con spirito imprenditoriale ma senza sacrificarne la competitività sportiva e l’attaccamento dei tifosi.

Una qualità a tutti i livelli che ha alzato l’asticella: basti pensare che tra le quattro squadre finaliste europee non c’è il Manchester City, destinato domenica a vincere il testa a testa con il Liverpool per la conquista della Premier League, né il Manchester United, la squadra più ricca del pianeta, incappato nell’ennesima stagione storta. Nessun campionato continentale può contare su sei squadre così forti, ricche e ambiziose.

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