Cina: “Abusi da Usa e Canada, rilasciate lady Huawei”

Una donna chiama dal proprio smartphone Huawei.
Una donna chiama dal proprio smartphone Huawei. (ANSA/AP Photo/Andy Wong, File)

ROMA. – Pechino aspetta poche ore dopo l’udienza a Vancouver sulla richiesta di estradizione negli Usa del direttore finanziario di Huawei e figlia del fondatore dell’azienda, Meng Wanzhou, ma poi il suo intervento è inesorabile, con una stoccata che sa tanto di schermaglie a margine di una ‘guerra a distanza’ fra Cina e Washington sul fronte commerciale: Usa e Canada “abusano dell’accordo bilaterale sulle estradizioni e prendono irragionevoli misure coercitive che sono una grave violazione di diritti e interessi legittimi di un cittadino cinese”, ha tuonato il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang.

“Questo è un grave incidente politico” ha detto, chiedendo il rilascio e il ritorno in patria di Meng Wanzohou. Quella di ieri è stata la prima udienza procedurale alla corte suprema di British Columbia sulla richiesta di estradizione negli Usa della dirigente cinese, arrestata con l’accusa di aver aggirato le sanzioni americane contro l’Iran e che ha chiesto al tribunale la sospensione del procedimento. Ma soprattutto l’udienza è stata l’occasione per ‘dettare la linea’ in una battaglia giudiziaria che si prospetta senza esclusione di colpi.

I legali di Meng Wanzohou non hanno esitato a citare le dichiarazioni di Donald Trump sul caso per sostenere che la vicenda ha motivazioni politiche, ricordando come il presidente degli Stati Uniti abbia “ripetutamente affermato che sarebbe intervenuto nel caso di utilità per i negoziati con la Cina sugli accordi commerciali”.

A dar manforte a questa tesi è intervenuto poi direttamente il colosso delle telecomunicazioni: “Fin dall’inizio, Huawei ha creduto fermamente nell’innocenza della signora Meng. Sosteniamo che il suo arresto ordinato dagli Stati Uniti sia stato illegale, un abuso di potere mosso da considerazioni politiche e tattiche e non dallo stato di diritto”, si legge in una nota diffusa da Huawei in cui analizza puntualmente quanto “rivelato” in aula dagli avvocati di Meng.

In particolare che il processo penale “si basa su accuse che non sono affatto vere”, che “azioni, in parte dirette dall’Fbi, hanno portato a gravi e ripetute violazioni ai diritti della signora Meng secondo la Carta dei Diritti”. Huawei, in conclusione, esprime tuttavia “fiducia nel procedimento giudiziario canadese e si spera in una prossima liberazione della signora Meng”.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)

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