La stanca volata per la Commissione europea

Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea, durante un suo intervento al Parlamento.
Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea, durante un suo intervento al Parlamento.

FIESOLE. – In maniera stanca, come in una recita scontata, e senza grandi picchi, è ufficialmente partita la lunga e incerta volata per decidere chi sarà il nuovo presidente della Commissione europea. Gli Spitzenkandidaten (la burocrazia di Bruxelles, ancora una volta, sceglie una parola alquanto ardua per i cittadini europei non germanofoni) dei quattro partiti tradizionali (i popolari, i socialisti, i liberali e i verdi) si sono incontrati e scontrati in un dibattito a Fiesole spiegando la loro visione dell’Europa in vista della nomina del successore di Jean Claude Juncker prevista per il prossimo autunno, se la Brexit non guasterà di nuovo i piani dell’Ue.

Ma quella svoltasi sulle colline intorno a Firenze rischia di essere una falsa partenza, non tanto per i contenuti illustrati da Manfred Weber, Frans Timmermans, Guy Verhofstadt e Ska Keller. Nessuno di loro ha brillato in modo netto sugli altri, ma non è questo il punto. La realtà è che le liturgie comunitarie rischiano di non funzionare più non essendo in grado di prevedere i nuovi parametri e le nuove condizioni che le prossime elezioni per il Parlamento europeo potrebbero mettere sul terreno di gioco.

La formula degli Spitzenkandidaten non è vincolante, anche se ha un forte valore politico e anche se i partiti europei ritengono di avvicinarsi agli elettori proponendo in anticipo il nome di colui che proporranno per la presidenza della Commissione. Nei corridoi di Villa Salviati, dove si è svolto l’incontro nell’ambito dello State of the Union, alcuni esperti non escludevano che alla fine potrebbe essere un altro (nessuno dei quattro di oggi) il politico che succederà a Juncker.

Questo perché le regole prevedono che sarà il Consiglio europeo a proporre (dopo consultazioni con il Parlamento) il nome del candidato a questa poltrona e che sarà poi il Parlamento europeo ad accettare o no la nomina e ad eleggere quindi il nuovo presidente. Inoltre questa sistema ha funzionato fino ad oggi perché i popolari e i socialisti hanno avuto, insieme, la maggioranza nell’Eurocamera.

Ma dopo il 26 maggio probabilmente non sarà più così. Per avere la maggioranza i due maggiori partiti dovranno chiedere aiuto ad altri. Ai liberali? Ai verdi? Ci sarà un’alleanza tra i popolari (Weber sta spostando a destra il partito) e i nazionalisti? Eccolo qual è il punto. Quale sarà il ruolo e il peso dei nuovi partiti sovranisti e nazionalisti che usciranno ulteriormente rafforzati dal voto di fine maggio? Probabilmente non sarà quella valanga ‘minacciata’ da più parti. I sondaggi, per quello che valgono, danno, ad oggi, circa il 20 per cento a questi partiti. Ma sicuramente gli equilibri europei saranno stravolti dal voto.

Il Consiglio europeo è già in difficoltà nel prendere decisioni proprio per questo spostamento di alcuni Paesi verso posizioni nazionalistiche. E saprà il Parlamento resistere ad una eventuale decisione del Consiglio con un nome diverso da quelli proposti fino ad oggi? Il dibattito di oggi è poi apparso vagamente surreale visto che mancavano proprio i rappresentanti dei partiti sovranisti, i quali da un lato non riconoscono l’attuale sistema degli Spitzenkandidaten e dall’altro sono ancora al lavoro per costruire nuovi blocchi politici nell’Europarlamento.

Per questo il dibattito ha avuto qualche spunto di novità (Ska Keller sembra una voce nuova nel panorama europeo) ma per certi versi è sembrato molto ripetitivo. L’ Europa di domani avrà bisogno di nuove idee, nuovo coraggio e una visione chiara del futuro su quei temi che la burocrazia brussellese e, soprattutto, gli Stati membri, hanno colpevolmente sottovalutato negli ultimi anni.

La crisi economica non è affatto finita, la gestione dei migranti rimane una vergogna per l’Ue, temi come il cambiamento climatico, le nuove tecnologie e i rapporti con la Russia e la Cina sono vitali per l’Ue. I cittadini europei, quelli che ancora credono nell’Europa e quelli che nell’Europa non credono più, vogliono risposte nette, concrete, realizzabili e realizzate, su questi punti, mentre si apprestano ad andare a un voto da cui dipende davvero il futuro dell’Europa per molti anni a venire.

Lascia un commento