Sale la tensione in Siria per grave crisi del carburante

Siria: la piazza dopo l'esplosione di due autobombe a Homs.
Siria: la piazza dopo l'esplosione di due autobombe a Homs.

BEIRUT. – Sale la tensione sociale in tutta la Siria governativa a causa della perdurante crisi del carburante in gran parte delle città. Questo si aggiunge alle sofferenze per le conseguenze dirette e indirette di una sanguinosa guerra che dura da otto anni e che ha distrutto ampie zone del paese. Le autorità gridano al “complotto internazionale” e puntano il dito sulle sanzioni occidentali, che hanno di fatto aggravato l’assedio economico.

Mentre aumenta per le strade la tensione a causa delle prolungate code ai distributori di benzina e il dissenso esplicito nei confronti dello stesso presidente Bashar al Assad. Nei lunghi e piovosi mesi invernali milioni di siriani a Damasco, Aleppo, Homs, Hama, Latakia, Tartus e in altre città hanno già sofferto per la scarsità del gasolio domestico, usato per alimentare le stufe di case prive dei termosifoni.

La benzina è da decenni uno dei beni sovvenzionati dallo Stato, venduta a un prezzo calmierato come il pane e altri prodotti essenziali. Ma da tempo il carburante scarseggia, anche perché nel corso della guerra, prima l’Isis e, poi, le forze curde appoggiate dagli americani si sono impossessati di parte dei giacimenti a est dell’Eufrate. Nonostante gli aiuti dell’Iran, tradizionale alleato di Damasco, il governo aveva introdotto a gennaio un sistema di razionamento della benzina con delle ‘smart card’ che non assicurano però alle famiglie il minimo fabbisogno.

Quando l’Isis controllava parte della Siria, contrabbandieri e trafficanti legati anche al regime ‘importavano’ nelle zone governative benzina raffinata dai jihadisti. E più di recente, i trafficanti avevano trovato un canale di guadagno portando la benzina dal vicino Libano col beneplacito implicito delle autorità doganali siriane.

A novembre scorso, nuove sanzioni americane hanno costretto l’Egitto a chiudere il canale di Suez alle petroliere iraniane dirette in Siria. E i militari Usa nell’est del paese hanno stretto i controlli attraverso l’Eufrate, da cui è oggi più difficile far passare grandi quantità di carburante ormai in mano curda.

Sia il premier Imad Khamis che il ministro del petrolio Ali Ghanem hanno rilasciato nelle ultime ore dichiarazioni con cui attaccano direttamente “l’Occidente per la guerra economica”, includendo anche l’Unione Europea, nella cui lista nera figurano imprenditori legati a Damasco e che per anni hanno favorito il contrabbando tra Isis e regime.

Ma gran parte dei cittadini siriani sui social network e in strada, nelle lunghe code ai benzinai, hanno espresso in questi giorni dure critiche al governo e al raìs Assad. Specialmente quando le autorità hanno autorizzato nei giorni scorsi l’apertura a Damasco di alcune “stazioni mobili di benzina” dove il carburante viene ora venduto a prezzo di mercato, tre volte tanto rispetto a quello sovvenzionato, ormai introvabile.

Ci si chiede da dove venga improvvisamente la benzina, distribuita ora legalmente da queste pompe mobili. Forse, in molti si interrogano, il governo e i suoi clienti approfittano dell'”assedio” e della “guerra economica contro il popolo siriano”.

(di Lorenzo Trombetta/ANSAmed)