Restano i timori del Colle sui conti. L’allarme scatta dal 26 maggio

Vista del Quirinale dalla fontana dei Dioscuri.
Vista del Quirinale dalla fontana dei Dioscuri. (ANSA)

ROMA. – Sono “normali” dinamiche elettorali: quando si avvicinano elezioni importanti come quelle europee non può che alzarsi la competizione tra i partiti, e Lega e M5s sono alleati di governo ma anche competitor alle urne. Il Colle legge con navigata serenità le continue tensioni all’interno della maggioranza considerandole fisiologiche in questa fase. Ma ben diverso è il sentimento che si respira rispetto ai conti pubblici e al futuro prossimo delle scelte governative in materia economica. Tanto che ci si prepara al dopo-voto dove ogni scenario potrebbe diventare possibile.

Non si registrano infatti movimenti del presidente della Repubblica nelle due settimane successive al voto di maggio. E, chiusa la visita in Giordania, da domani potrà esaminare con attenzione il Def e i tanti decreti in itinere, ove fossero arrivati sulla sua scrivania. Fonti parlamentari confermano intanto che il ministro dell’Economia Giovanni Tria continua ad essere nel mirino della sua stessa maggioranza ma dal Colle ritengono che reggerà. Non è certo il momento di togliere un mattone ad un edificio pericolante a 40 giorni dalle elezioni europee.

Da tempo chi frequenta il presidente segnala poi quanto i tempi delle scelte siano in realtà più brevi di quelli immaginati dai partiti. Se dai tecnici del Quirinale è stato apprezzato il ritorno alla realtà nella stesura del Def (almeno quel 0,2 per cento di crescita) parallelamente si segnala come il provvedimento debba essere quasi del tutto riempito di contenuti. Contenuti che faranno la differenza.

Se quindi il Def potrebbe superare l’esame di un’Europa alle prese con elezioni al cardiopalmo, non altrettanto potrebbe accadere con i mercati, anch’essi in “sonno” pre-elettorale. Anche perché la scadenza vera, probabilmente l’esame della vita, arriverà in un lampo. A giugno inizia l’estate e a ottobre si entra nel vivo della Finanziaria 2020. Il tempo stringe, sia per le scelte economiche del governo, sia per quanti avessero la tentazione di farlo cadere. D’altronde al Quirinale cercano di ragionare con linearità e nulla impedisce le urne a fine settembre o agli inizi di ottobre.

Certamente il presidente considera questa possibilità come l’extrema ratio, come la più stressante per il Paese. Ma forse mai come in questa fase non è nelle sue possibilità impedire le elezioni anticipate. Anche perché, dato per confermato il no di Zingaretti ad ogni alleanza alternativa, rimarrebbero in piedi solo altre due ipotesi: un rimpasto più o meno serio o un nuovo esecutivo con il terribile compito di varare la legge di Bilancio 2020. Chi mai si assumerebbe un peso del genere per pochi mesi? E’ l’interrogativo che circola. Quindi da fine maggio sarà allarme rosso.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)