Scende il potere d’acquisto delle famiglie, rischi rialzo del debito

Persone camminano per strada con le borse degli acquisti.
Persone camminano per strada con le borse degli acquisti.

ROMA. – Meno reddito, meno potere d’acquisto e meno risparmi. E’ un quadro tutto al negativo quello sulle famiglie italiane dipinto dall’Istat per il quarto trimestre dello scorso anno. Nell’ultima parte del 2018, segnala l’Istituto di statistica, il reddito disponibile ha registrato un calo dello 0,2% e la capacità di spesa è arretrata dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti. In più, alla luce della contrazione della crescita registrata tra ottobre e dicembre, la pressione fiscale è aumentata rispetto al Pil, salendo al 48,8%.

Per continuare a spendere, e a generare una dinamica espansiva dei consumi che pure c’è stata, gli italiani hanno dunque dovuto fare inevitabilmente ricorso a quella parte delle entrate familiari che fino a poco tempo fa tendevano ad accumulare e a mettere da parte. Con un’inversione di tendenza, obbligata dalla diminuzione del reddito, non di poco conto.

Quei risparmi da popolo ‘formica’ hanno infatti tradizionalmente sostenuto le famiglie anche nei momenti meno rosei dell’economia e, in contrapposizione alla progressiva crescita del debito pubblico, hanno ridotto al minimo il debito privato degli italiani, costituendo un baluardo di resistenza persino nel giudizio delle agenzie di rating e nell’esposizione italiana sui mercati finanziari.

A guardare solo al debito pubblico gli elementi di preoccupazione non fanno infatti che aumentare. Non solo per i piani ancora non definiti su dismissioni e privatizzazioni volte a ridurlo, ma anche perché sul fronte puramente statistico, i numeri potrebbero essere destinati ad aumentare ancora.

L’Istat ha appena confermato nel 2018 l’aumento del rapporto debito/Pil sopra la soglia del 132%, ma la cifra è destinata a cambiare a stretto giro, e probabilmente non in positivo. Il 9 aprile l’Istituto di statistica rivedrà infatti le intere stime sui conti pubblici italiani, inglobando – in accordo con Eurostat – nel perimetro della pubblica amministrazione soggetti finora esclusi: da Invitalia a Rfi, dall’Acquirente unico a Ferrovie Nord.

L’impatto delle modifiche, secondo i tecnici dell’Istat, sarà “marginale” o quasi nullo in termini di deficit, mentre si farà sentire, per quanto in modo “contenuto”, proprio sul debito pubblico. Il nuovo conteggio riguarderà anche il 2017, anno di lieve discesa del debito, ma che ora potrebbe mostrare un diverso andamento. Si tratterà comunque di un’altra grana anche in vista della messa a punto del Def, non solo per i tempi strettissimi tra la pubblicazione delle nuove stime Istat e il termine del 10 aprile per la presentazione del Documento, ma anche per la definizione ultima dei numeri.

L’idea di un breve slittamento, circolata in questi giorni ma ufficialmente sempre smentita, potrebbe quindi non essere più così peregrina. Nel mondo delle imprese e dei consumatori cresce intanto l’allarme per la condizione delle famiglie. Secondo Confesercenti, il potere d’acquisto è ancora di 2 miliardi di euro inferiore rispetto al 2011.

“In sette anni – denuncia l’associazione – le famiglie non sono riuscite ancora a recuperare quanto perso durante la recessione”. L’Unc parla di “Paese che arretra”, mentre il Codacons chiede al governo di intervenire per rilanciare la capacità di spesa.

(di Mila Onder/ANSA)

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