Confindustria: “Crescita zero, serve cambio passo Governo”

In una foto d'archivio Dino Nardiello, imprenditore tessile a Grumo Nevano (Napoli) e un operaio. Confindustria
In una foto d'archivio Dino Nardiello, imprenditore tessile a Grumo Nevano (Napoli) e un operaio. (ANSA)

ROMA. – Il 2019 sarà a crescita zero: è una “Italia ferma”, avverte Confindustria, che ha rivisto ancora al ribasso la sua stima sul Pil, azzerandola. Ed ora per reagire – chiede il leader degli industriali, Vincenzo Boccia, serve “un salto di qualità del Governo”, abbandonare il contratto M5s-Lega e passare “ad un patto per lo sviluppo e l’occupazione”. Le stime del centro studi degli industriali cadono come un sasso nello stagno della politica, con reazioni talvolta contrapposte.

Ma anche Bankitalia conferma che l’attività economica in Italia è peggiorata nell’ultimo scorcio del 2018 e nei primi mesi di quest’anno: “Sono urgenti interventi volti a contrastare più efficacemente il rallentamento economico e l’aumento della povertà”, dice il Governatore Ignazio Visco: “Per creare opportunità di lavoro stabili non basta un semplice sollievo congiunturale”, servono anche “riforme strutturali”.

Le varie anime del governo reagiscono in modo differente ai dati di Confindustria. Il vicepremier Matteo Salvini è il più duro: “Verranno smentite clamorosamente dai fatti. È pieno di gufi. Hanno sempre ‘cannato’ in passato”. Mentre il vicepremier Luigi Di Maio dice: “Le preoccupazioni di Confindustria sono le stesse del governo, non c’è alcuna volontà di contrapposizione”. E anzi manda una stoccata al partner di governo: “Confindustria non è un gufo. L’epoca dei gufi era quella di Renzi”.

Con l’analisi degli industriali appare in sintonia la ricetta del ministro dell’Economia, Giovanni Tria: “Contrastare il rallentamento, puntare tutto sulla crescita”, dice dal Forum di Boao; “Non possiamo avere una stretta per le nostre politiche fiscali in prevalenza perché siamo nel mezzo di questa recessione e rallentamento”, “dobbiamo aumentare il nostro tasso di crescita e intraprendere un passo di riduzione del rapporto debito/Pil”. Il deficit “è sotto controllo, ma dobbiamo tagliare il debito'”.

Di fatto, però, il decreto crescita, che raccoglie molte misure volute dal Ministero dell’economia, slitta di una settimana. Doveva essere approvato questa settimana. “Non abbiamo fatto in tempo a portarlo”, dice il premier Giuseppe Conte che ribadisce:”le fondamenta sono solide, dobbiamo lavorare tutti insieme con fiducia e operosità”.

Per il Centro studi di Confindustria “nel 2019 la domanda interna risulterà praticamente ferma e una recessione potrà essere evitata solo grazie all’espansione, non brillante, della domanda estera. A meno che – avverte – non si realizzi l’auspicato cambio di passo nella politica economica nazionale”. La sfida è anche sul terreno delle leggi di bilancio: il Governo “ha ipotecato i conti pubblici e non ci sono scelte indolori”, ci troveremo al “bivio tra il rincaro dell’Iva o far salire il deficit pubblico al 3,5%” (e per una soluzione servono “32 miliardi, senza risorse per la crescita”), tanto che appare “inevitabile un aumento delle tasse”.

Il capoeconomista Andrea Montanino parla chiaro: se il deficit-Pil andrà oltre il 3% l’Italia “verrà punita dai mercati”. Siamo “ancora sotto osservazione”: a preoccupare Confindustria è anche il segnale che si legge nel “rialzo di circa un punto percentuale dei rendimenti sovrani rispetto ai minimi dei primi mesi del 2018 che si sta rilevando persistente”, un “aumento del premio al rischio che gli investitori chiedono per detenere titoli pubblici italiani”.

Nel lavoro “non si vede un’inversione di tendenza nei contratti”, “c’è un calo del lavoro a termine ma non è ancora compensato dai contratti a tempo determinato”: nel 2019 l’occupazione resterà “sostanzialmente stabile” (+0,1%. +0,4% la stima per il 2020). E’ netto il giudizio su reddito di cittadinanza e quota 100: “Spinta al Pil modesta rispetto al costo” in rialzo dello spread e caduta della fiducia innescati da misure finanziate “quasi interamente a deficit”.

“Il Paese sta andando indietro e non avanti” commenta il leader Cgil, Maurizio Landini. Annamaria Furlan, Cisl, avverte che “senza una svolta del Governo nella politica economica e con la recessione ormai alle porte i primi a pagare saranno i più deboli”. Per Carmelo Barbagallo, Uil, “il Paese riparte con gli investimenti, con sblocca-cantieri e non sblocca-subappalti”.

(di Paolo Rubino/ANSA)

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